Il venticello della ragionevole paura

La politica è investita da un’autentica bufera di vergognose polemiche strumentali: la prescrizione è diventata uno scontro pseudo-ideologico tra moralismo-giustizialista e pragmatismo-garantista; il coronavirus è affrontato a suon di allarmismo speculativo che investe persino il sistema scolastico; l’azione di governo è mischiata con la piazzaiola contestazione da parte degli stessi protagonisti, quelli di lotta e di governo; le sardine scattano ingenui ma pericolosi selfie di gruppo coi Benetton, prestando il fianco a chi li sta aspettando al varco un po’ per celia e un po’ per non morire; i due Matteo, Salvini e Renzi, fanno a gara per ottenere la palma del più scriteriato dei protagonismi senza bussola.

Tutto sembra sbattuto dal vento tempestoso delle provocazioni incrociate: solo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella riesce ad ergersi sopra la mischia, invitando caldamente e credibilmente tutti alla ragionevolezza impegnata e dialogante, facendo la commovente spola tra un evento e l’altro con la fiaccola della Costituzione in mano per richiamare i contendenti col motto “l’importante non è vincere ma partecipare”, comunemente attribuito a Pierre de Coubertin, pedagogista e storico francese, che ha reso possibile la rinascita dei Giochi Olimpici Moderni.

Ma, dopo ogni tempesta che si rispetti, spuntano le avvisaglie della quiete più o meno disarmata. E allora ecco il ministro della giustizia che accetta di  costituire una commissione tecnico-scientifica per esaminare gli effetti della riformicchia sulla prescrizione; ecco Renzi che, dopo aver tirato il sasso dell’ostilità assoluta ad ogni compromesso sull’allungamento dei tempi della prescrizione, nasconde la mano dietro l’eventuale voto di fiducia al governo qualora venga posta sul provvedimento che dovrebbe in qualche modo segnare una tregua compromissoria sull’argomento; ecco il governatore del Veneto, Luca Zaia, che, dopo la sparatoria della circolare scolastica, ripiega sul principio di precauzione adottabile dallo staff scientifico del ministro della Salute, invitando a non farne una battaglia politica, affermando che i cinesi non sono untori e che non si deve cercare voti sulla loro pelle; ecco Luigi Di Maio, affaccendato nel disperato aggrapparsi al codice genetico del M5S in stucchevole difesa del residuo bottino elettorale, ben lontano dalle velleitarie intenzioni di far saltare il banco di Giuseppe Conte; ecco le sardine che tornano a guazzare nelle loro acque per non impantanarsi in quelle delle finezze tattiche sulla cui riva  quasi tutti ne aspettano il cadavere; per non parlare del premier Conte, vigile del fuoco sempre pronto a spegnere gli incendi prima che sia troppo tardi e le fiamme divorino il suo governo.

Si ha l’impressione che un po’ tutti vogliano accendere i toni della polemica, ma solo un pochettino, come quella famosa ragazza incinta. Quando il gioco si fa veramente duro, tutti frenano per non andarsi a sfracellare contro il muro delle elezioni politiche anticipate. Tutti le vogliono e nessuno se le piglia. Sì, anche i barricadieri novelli leader del centro-destra temono di giocare in anticipo i jolly che pensano di avere in mano: uno molto probabilmente l’hanno già sprecato nelle elezioni regionali emiliane.

La politica sembra sprofondare in questi giochini, in questi divertimenti (poco) innocui per bambini scemi (gli elettori che forse tanto scemi non sono). In mezzo a questo confuso tira e molla, confesso di nutrire una gran voglia di andare alle urne, per vedere finalmente i pentastellati ridotti alla frutta, i renziani arrivati al capolinea ancor prima di partire, i leghisti con un pugno di mosche sovraniste in mano, i fratelli d’Italia a cantare “giovinezza”, i berlusconiani a piangere e fare lutto, i democratici ad imprecare contro il destino cinico e baro. Qualcuno in quel caso vorrebbe tornare immediatamente alle urne, la bulimia del voto… ma invece spunterebbe un governo tecnico, che rischierebbe di durare in eterno, per tutti i secoli dei secoli. Amen.