Alla ricerca dell’antivirus

“La Cina è vicina” è un’espressione slogan spesso adottata da chi vede la prossimità di un pericolo e replica il titolo di un film del 1967 diretto da Marco Bellocchio, che evocava i timori del comunismo maoista nella borghesia perbenista dell’epoca, riprendendo l’omonimo titolo del libro scritto nel 1957 da Enrico Emanuelli. Proseguo riprendendo quasi integralmente un articolo di Maura Sacher pubblicato su “egnews”.

Da quegli anni sono cambiati i condottieri al governo ma forse non gli obiettivi, infatti, ora più che mai assistiamo al fatto che la Cina è vicina, anzi è già dentro o sopra di noi, in un largo e lungimirante piano di espansione. A poco a poco ci siamo abituati a vedere nelle nostre città, e persino nei più piccoli paesi, la trasformazione o la sostituzione di fori commerciali in locali venduti a famiglie cinesi, la fioritura di ristoranti e di bar, di borsetterie, barberie e sartorie a modico prezzo, e financo pizzerie, con lanterne rosse come insegna. Come inorridire adesso se già decine di marchi industriali nostrani negli anni sono andati a far lavorare i loro manufatti ai nativi del Sol Levante, rivendendoli qui con etichetta Made in Italy, e più di qualche centinaio di aziende italiane sono state vendute ai Cinesi come migliori offerenti. “Pecunia non olet” dicevano i Romani, ovverossia a “caval donato non si guarda in bocca”, la stessa cosa: non fa differenza da dove provenga il denaro, il beneficio, il vantaggio, purché venga. L’obiettivo odierno del controllo cinese sulle rotte delle sue merci e di ogni suo interesse economico e politico è collegare la Cina all’intera Asia ed all’Europa con un ben preordinato piano di strade, ferrovie, programmi industriali quali gasdotti e oleodotti, e una possente logistica sui più strategici porti tra gli Oceani Pacifico e Indiano e del Mediterraneo. In base al progetto dell’attuale erede di quello che fu l’Impero Cinese, oggi annoverato tra gli stati antidemocratici, si dovrebbe formare una ragnatela tra l’Asia dell’Est e l’Europa passando per l’Africa. In pratica si verificherebbe un accerchiamento geopolitico e un supercontinente dominato dagli interessi cinesi. A margine, è lecito porsi la domanda: se la Cina è governata dal Partito Comunista, come mai ci sono tanti capitalisti cinesi che possono investire milioni di denari in giro per il mondo?

La risposta sta nel fatto che, seppure paradossalmente (Marx si “scaravolterà” nella tomba), l’attuale regime cinese è riuscito a coniugare il comunismo sul piano politico col capitalismo sul piano economico, operando una sintesi tra i peggiori difetti dei due sistemi. Il sogno gorbacioviano era assai diverso: far evolvere gradualmente il comunismo in senso democratico introducendo alcuni meccanismi del sistema capitalistico. Progetto fallito. In Russia sono finiti nella brace della mafia putinista, in Cina sono rimasti nella padella comunista in cui tentano di friggere con olio capitalista i più biechi interessi imperialisti.

Il coronavirus viene a scombinare le carte del progetto imperialista cinese? Me lo sono chiesto in modo piuttosto cinico, senza arrivare alla provocatoria vignetta del quotidiano danese Jjllands-Posten, che ha “ritoccato” la bandiera rossa con le immagini del virus al posto delle 5 stelle ed a cui ha reagito l’ambasciatore a Copenaghen, che si aspetta le scuse ufficiali al popolo cinese, e soprattutto rifiutando le vomitevoli reazioni razziste che si stanno verificando in giro per il mondo.

Ho colto, con relativo stupore, l’annunciato efficientismo cinese della costruzione in pochi giorni di nuovi ospedali in cui ricoverare le numerose persone colpite dalla pericolosa infezione polmonare di origine virale. Si tratta del solito e falso profilo buonista dei regimi antidemocratici: pochi giorni bastano per edificare nosocomi, molti anni non bastano per costruire un po’ di democrazia. Si nota anche la mentalità autarchica nell’approccio al combattimento di questa terribile guerra contro il coronavirus: della serie, noi siamo forti e vinceremo anche i virus.  Per tutti i regimi che (non) si rispettano vale la famosa barzelletta delle promesse politiche: vi daremo questo, vi concederemo quest’altro, vi offriremo ciò che vorrete… E l’afta epizootica? chiese timidamente un agricoltore della zona interessata. Vi daremo anche quella! rispose gagliardamente il comiziante di turno.

Se Atene piange, Sparta non ride. Se l’imperialismo cinese deve fare i conti con questa drammatica emergenza, che peraltro non potrà mancare di espandersi in tutto il mondo, l’occidente democratico (?) fa i conti coi virus recidivanti del sovranismo, del nazionalismo e del populismo. Basta vedere le quotidiane nostalgie razziste di base e le manifestazioni della prepotenza di vertice. Sembra che negli Stati Uniti siano al lavoro per trovare l’antidoto al coronavirus partito dalla Cina, speriamo trovino anche quello per combattere il virus trumpiano che sta facendo altrettanti disastri in tutto il mondo. Perché l’Emilia-Romagna, vista la prova di maturità fornita alle elezioni regionali, non si candida ad essere sede dell’Autorità per la Sicurezza Democratica? Potremmo esportare il brevetto collaudato nella battaglia contro Salvini: può darsi funzioni anche in Gran Bretagna, negli Usa e perché no, magari anche in Cina e in Russia. Emilia caput mundi! Non sto affatto scherzando.