Il bagno papale nel lago di carezza

Di ritorno dall’uscita mattutina domenicale dedicata alla messa e al voto regionale, ho acceso la televisione, immaginando che stessero trasmettendo in diretta la celebrazione eucaristica presieduta da papa Francesco, a Roma in S. Pietro, in occasione della Domenica della Parola, istituita recentemente per invitare in modo particolare alla lettura, alla meditazione e soprattutto alla osservanza pratica delle Sacre Scritture. Infatti il papa stava terminando la messa nella solita, pomposa, e per me fastidiosa, cornice scenografica: ad un certo punto l’assistente cerimoniere ha rimesso sul capo del pontefice la papalina con tale e tanta accuratezza da evitargli anche l’istintivo, successivo auto-aggiustamento (mio padre sosteneva come, in caso di un copricapo messo sulla testa di un’altra persona, per questa fosse inevitabile  rimetterci mano; a ben pensarci è così anche quando un calciatore tira un rigore: l’arbitro magari mette il pallone sul dischetto, ma il giocatore incaricato del tiro non può esimersi dal ricollocarlo, salvo poi incespicarci sopra, come ha fatto goffamente il bomber (?) laziale Immobile).

Stavo facendo un po’ di silenziosa ironia, quando sono stato interrotto bruscamente da una scena che, con ogni probabilità, diventerà storica: tra le varie persone, di diversa provenienza, a cui il papa ha  donato il testo della Bibbia, c’era una ragazza down. Francesco le ha fatto una piccola carezza e lei, con una spontaneità invidiabile e ammirevole, lo ha ricambiato, riuscendo con la sua mano ad accarezzare dolcemente il volto papale: un delicatissimo e commovente scambio di tenerezze. Quella ragazza ricorderà per tutta la vita quell’episodio, ma forse anche e soprattutto il papa se lo sentirà attaccato alla pelle e al cuore.

Ho subito pensato che non poteva sperare una migliore ricompensa, per tutte le sofferenze patite a causa degli attacchi, vicini e lontani, alla sua persona in ordine al suo indirizzo pastorale. Credo proprio che quel gesto così dolce possa interpretare tutto l’affetto che la gente nutre per lui, quella gente che non si fa condizionare dalle dispute dogmatiche, ma va al sodo e capisce di essere amata da questo papa così evangelico e così poco dottrinario.

Quella ragazza probabilmente non saprà delle dotte e subdole contestazioni, curiali, cardinalizie, vescovili, laiche, politiche e religiose indirizzate a papa Francesco: persino il suo illustre predecessore, seppure in buona fede, è caduto nella trappola dell’impeachment strisciante verso l’attuale pontefice, reo di eccessiva aderenza al dettato evangelico e di troppa autonomia rispetto all’andazzo dottrinale e tradizionale. Lo ha però indirettamente difeso e ne ha fatto la miglior difesa possibile. Non so cosa avranno pensato i “teogolpisti”, forse avranno fatto come gli scribi e i farisei ai tempi di Gesù: da una parte avranno incassato una “figura di merda”, ma continueranno a rimestare nel torbido fino a puntare a farlo fuori del tutto (penso e spero non fisicamente, ma isolandolo e togliendogli consenso).

Certamente non basta una carezza a fare la storia della Chiesa, ma può darsi che incida più quel piccolo gesto dei documenti canonici atti a contestare le decisioni e lo stile papali. Francesco ripete spesso di essere considerato un comunista in quanto difensore dei poveri in base al Vangelo e chi tocca le persone, anche i cristiani, nel portafoglio rischia di morire. Forse è questo il punto al di là delle dispute teologiche e dottrinale, che fanno da paravento alla difesa degli equilibri di potere religiosi e politici.

Non posso esimermi dal riportare ancora una volta l’episodio narrato da don Andrea Gallo. Al noto “pretaccio” un importante Cardinale fece alcuni appunti sul modo di testimoniare la fede. Don Gallo si difese citando il Vangelo. Il Cardinale reagì stizzito dicendo: «Se la metti su questo piano…». Al che don Gallo ribatté: «E su quale piano la devo mettere?». Pensate un po’, essere molto fedeli al dettato evangelico è una colpa: «Tra i poveri e gli emarginati vediamo il volto di Cristo. Amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo. I nostri sforzi devono essere diretti a porre fine alle violazioni alla dignità umana, contro la discriminazione e l’abuso nel mondo, perché queste sono la causa dell’indigenza». Parlare troppo dei poveri dà fastidio: forse è questo il più grave “difetto” di papa Francesco.