Le sceneggiate e i campi di patate

C’è un detto parmigiano che recita così: “In fônd a la botiglia gh’é sémpor al fiss”. Il significato è chiarissimo e non vale nemmeno la pena di esplicitarlo. Mi viene invece la tentazione di applicarlo alle ultime battute della campagna elettorale emiliano-romagnola. Matteo Salvini ne sta facendo e dicendo di cotte e di crude: chiede un digiuno preelettorale a difesa del suo operato come ministro, va persino a suonare i campanelli di probabili spacciatori per accreditarsi come una sorta di sceriffo a difesa della brava gente.

Attenzione però a non farsi trascinare in una deriva dove lui (della Borgonzoni non frega niente a nessuno) ha tutto da guadagnare e Bonaccini, candidato di un largo e fin troppo articolato schieramento di centro-sinistra, tutto da perdere. Giocando al pallone in un campo di patate è facile che vinca lo scarpone di turno, quindi occorre evitare i campi di patate, non in base ad aristocratica presunzione, ma per scelta politica.

Quando sento dire dal candidato a governatore regionale dell’Emilia-Romagna, che bisogna stare ben attenti perché la Lega ci vuole lombardi, rispolverando quello che qualche acuto giornalista ha definito “sovranismo rosso”, oppure che la Lega vuole privatizzare la sanità, radicalizzando ulteriormente il dibattito già fin troppo schematizzato, temo che ci si stia spostando sul campo di patate di cui sopra. Si eviti cioè di accreditare la vignetta dell’avversario che, tutto sommato, piace all’elettore medio. Matteo Salvini sta infatti vivendo una sorta di satira strisciante della propaganda politica: sembra funzionare.

Non dico di ignorarlo, ma di contrapporre alle sue gag elettorali qualche discorso concreto, che costringa l’elettore a ragionare uscendo dall’imbuto della sceneggiata napoletana. Il genere, del tutto peculiare della realtà artistica partenopea, nasce storicamente nel primo dopoguerra, allo scopo di unificare il genere musicale classico con il teatro. Le rappresentazioni erano infatti imperniate su una canzone di grande successo, dalla quale la sceneggiata prendeva il titolo e, attorno al tema musicale, veniva costruito un testo teatrale in prosa, risultando così un lavoro in cui canto, ballo e recitazione si fondevano in un’unica rappresentazione. Una delle cause della nascita della sceneggiata pare da imputare al Governo italiano, che dopo la disfatta di Caporetto appesantì le tasse sugli spettacoli di varietà, giudicati frivoli e degradati, stimolando gli autori, per aggirare le tasse, ad ideare uno spettacolo “misto”. Se si prova a cercare questi elementi nell’impostazione propagandistica salviniana, c’è da rimanere stupefatti.

Anche perché se ci mettiamo a suonare le campane regionali, qualche stonatura emiliana esiste e quindi meglio suonare qualche altro strumento. Così come lo spauracchio del privato non ha grande appeal in un elettorato già spesso orientato in campo sanitario a rivolgersi alle strutture private per evitare le lungaggini e le disfunzioni del servizio pubblico. Attenzione agli autogol nella foga di difendersi dagli attacchi avversari.

A snidare il salvinismo in modo intelligente e popolare ci sta pensando il movimento delle Sardine, non vale la pena rubargli il mestiere, disturbare l’elettorato; se proprio non si hanno argomenti, meglio tacere. A volte chi parla troppo finisce con l’intartagliarsi. Mi hanno appena chiesto in via amichevole di fare una previsione sull’esito delle elezioni emiliane: non ho saputo rispondere per incapacità nell’interpretare gli strani umori della gente e non ho voluto rispondere per scaramanzia. Sdrammatizziamo! Nello sport, quando non si sa cosa dire, ci si rifugia nel “vinca il migliore”. Nell’attuale fase politica mi rifugio nel “si salvini chi può”.