Due cuori ministeriali e una capanna scolastica

Le riforme comportano sempre e comunque delle grosse difficoltà, quella della scuola si è dimostrata nel tempo al limite dell’impossibile. Ci hanno provato in tanti, fior di politici e di addetti ai lavori. Niente da fare. Da una parte mancano effettivamente le risorse, ma ci sono anche altre difficoltà quasi insuperabili, due barriere contro cui cozzano i tentativi di cambiamento: la corporazione degli insegnanti e il mondo studentesco.

Non so se lo spacchettamento ministeriale possa agevolare l’azione di governo in campo scolastico: certamente le problematiche sono alquanto diverse fra scuola in senso stretto da una parte e università e ricerca dall’latra parte, anche se non mancano i collegamenti e le interconnessioni. Non so neanche se le indubbie qualità dei prescelti a ricoprire gli incarichi ministeriali possano essere il sufficiente viatico per avviare processi innovativi e riformatori.

Collocare sulla poltrona di ministro per l’università il presidente dei rettori, con un curriculum che fa venire il mal di testa a leggerlo attentamente, dovrebbe almeno garantire la competenza ed esperienza indispensabili e basilari. Una laurea in Ingegneria nel 1988, poi dottorato, ricerca e cattedra: Manfredi da quel 110 e lode non si è più fermato. Dal 2014 è alla guida dell’università Federico II di Napoli, l’ateneo più grande del Mezzogiorno (scadenza del secondo mandato nel 2020) ed è presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) dal 01 ottobre 2015 (acclamato nel 2018 per un secondo mandato). Lasciamo stare il fatto che sul neo ministro della Università Gaetano Manfredi penda una accusa di falso come ingegnere collaudatore di case. Il processo non è mai stato istruito per una serie incredibile di contrattempi: l’udienza preliminare per stabilire l’eventuale rinvio a giudizio è stata fissata per il prossimo 5 febbraio 2020. La cosa non è simpatica, ma nemmeno drammatica e preclusiva.

Il discorso delle competenze vale anche per la scuola al cui ministero viene insediata Lucia Azzolina, 38 anni, due lauree, una in filosofia e l’altra in giurisprudenza, una vita passata sui banchi da docente e da sindacalista. Si è occupata, a livello di pratica forense, di diritto scolastico. È parlamentare dal 2018 ed è stata sottosegretaria al Miur, il ministero onnicomprensivo.

Purtroppo non è sufficiente avere il pedigree in ordine perché la politica non è un mestiere, ma un’arte. Tuttavia dopo aver letto i profili dei due nuovi ministri mi sono sentito un po’ rassicurato. Di tecnici che hanno fatto cilecca ne abbiamo visti parecchi, ma sono certamente più numerosi i fallimenti dei politici ignoranti e impreparati. Ragion per cui la speranza in questo caso è più che mai l’ultima a morire.

Sono sempre stato convinto che il mondo della scuola non lo facciano le leggi, i burocrati e i ministri, ma gli insegnanti e gli allievi. Forse sono rimasto indietro, ma ritengo che il tempo pieno richiesto ai docenti sia una precondizione di impegno e dedizione. Certo occorrerebbe anche pagare meglio gli insegnanti qualora si richiedesse da parte loro una scelta professionale assoluta.

Poi viene il discorso degli studenti, che fanno della scuola una sorta di libro dei sogni o di pantomima goliardica, e delle loro famiglie, che scaricano sulla scuola tutte le magagne educative possibili e immaginabili. Si devono incontrare due vocazioni: quella ad insegnare e quella ad imparare. Se non esistono questi presupposti etici la scuola funziona a scartamento ridotto. Non so come funzioni il sistema scolastico negli altri Paesi. Penso che a livello qualitativo l’Italia non sia da sottovalutare; forse scontiamo una certa debolezza strutturale ed economica. Se è così, nonostante tutto, i ministri qualcosa possono farlo e qualche risultato si può ottenere. Auguri!