Le donne donne del 2019

Le 50 donne del 2019: sia La Stampa che il Corriere della Sera si sono sbizzarriti alla ricerca del contributo femminile qualificante alla vita dell’anno che si sta concludendo. È già qualcosa di significativo che si parli di donne e non di uomini. Anche se i due quotidiani non hanno avuto molta originalità, resta il fatto che il mondo si sta tingendo di rosa: difficile valutarne le immediate conseguenze, opportuno ammettere come l’influenza sia piuttosto benefica e soprattutto, anche se non del tutto, anticonformista.

Sono da sempre un estimatore accanito ed un ammiratore totale della donna, spero nei suoi carismi e nelle sue qualità per un cambiamento positivo della nostra società a tutti i livelli, temo però che sia sempre presente e strisciante il pericolo di omologare i valori della femminilità a quelli della mascolinità. Per dirla brutalmente temo che la donna stia facendo una giusta battaglia col rischio tuttavia di puntare e di ottenere più facilmente la parità dei difetti rispetto a quella dei diritti. Se è infatti vero che le donne hanno carattere e personalità per proporre il loro modo di essere e di vivere, è altrettanto vero che le sirene maschiliste sono sempre in agguato e la tentazione di fare il verso al maschio è sempre forte.

A distanza di quasi trent’anni ripropongo di seguito alcuni passaggi di quanto ebbi a scrivere quale omaggio ad alcune donne riconducibili alla storia vera, non quella dei calendari, dei rotocalchi e dei media, ma quella di tutti i giorni, in stile eticamente provocatorio ma sinceramente e seriamente estimatorio.

“Comincio, se volete, da lontano, indirizzando un affettuoso ricordo a mia nonna materna: rimasta vedova a trentacinque anni nel 1918, con otto figli, la più grande aveva tredici anni, la più piccola forse non era ancora nata, ha saputo tenere unita la famiglia, educare i figli con rigore, infondere in essi il senso del dovere e lo spirito di sacrificio. In essa voglio sottolineare la vera «emancipazione», fatta di coraggiosa assunzione di responsabilità.

Mi viene più che spontaneo rivolgere il pensiero a madre Teresa di Calcutta, una donna che ha saputo mettere la propria femminilità a servizio dei deboli e degli ultimi. In lei vorrei celebrare la «bellezza» della donna, proprio in quel volto rugoso e irregolare ed in quel corpo minuto e curvo.

Un terzo ricordo lo vorrei rivolgere alle monache di clausura nel cui monastero di Parma spesso mi reco a pregare con la liturgia delle ore. In esse celebro la «femminilità», quella autentica, fatta di dolcezza e di sensibilità unite a coraggio e coerenza.

Un ultimo pensiero alle donne «cooperatrici», a tutte le donne impegnate col proprio lavoro nelle cooperative dei vari settori, agricole, di servizi, di assistenza etc. Nelle cooperatrici vedo la «parità», fatta di impegno e di partecipazione”.

Quanti rimbrotti ebbi da amiche e colleghe! Sono ancora sostanzialmente di quel parere a costo di fare la figura del retrogrado; continuo imperterrito a correre il rischio della retorica. Incontrai allora molte critiche da chi non voleva capire lo spirito con cui avevo scritto quelle riflessioni. Forse oggi dovrei cambiare gli esempi rendendoli un po’ più attuali, ma il senso rimane quello: una donna diversa per un mondo diverso. Non sto a passare in rassegna l’elenco sciorinato per il 2019 dai giornali di cui sopra: probabilmente c’è molta più attenzione alla sostanza del vivere femminile rispetto alla forma dell’apparire. Mi accontento e mi associo.

Concludo affermando di essere, in fin dei conti, perfettamente d’accordo con Alda Merini:

“Ci sono le donne. E poi ci sono le donne donne. E quelle non devi provare a capirle, sarebbe una battaglia persa in partenza. Devi prenderle e baciarle, e non dare loro il tempo di pensare. Devi spazzare via, con un abbraccio che toglie il fiato, quelle paure che ti sapranno confidare una volta sola, una soltanto, a bassa, bassissima voce. Perché si vergognano delle proprie debolezze e, dopo avertele raccontate, si tormenteranno in un’agonia lenta e silenziosa al pensiero che, scoprendo il fianco, e mostrandosi umane e fragili e bisognose per un piccolo fottutissimo attimo, vedranno le tue spalle voltarsi e i tuoi passi allontanarsi. Perciò prendile e amale. Amale vestite, che a spogliarsi son brave tutte. Amale indifese e senza trucco, perché non sai quanto gli occhi di una donna possano trovare scudo dietro un velo di mascara. Amale addormentate, un po’ ammaccate quando il sonno le stropiccia. Amale sapendo che non ne hanno bisogno: sanno bastare a se stesse. Ma, appunto per questo, sapranno amare te come nessuna prima di loro”.