Le sardine fuori dalla scatola

E se lasciassimo in santa pace le sardine a fare il proprio “mestiere”? E qual’ è questo mestiere? Rappresentare, interpretare e coagulare il desiderio di una politica legata ai valori costituzionali che fa molta fatica a trovare risposte credibili ed esaurienti nel sistema partitico. La storia insegna che questi movimenti hanno generalmente vita breve, perché la tentazione di giocare direttamente “la partita dei partiti” è fortissima.

L’articolo 49 della Carta costituzionale recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Anche se i costituenti lasciano intendere che sia questa la strada maestra per fare politica, non escludono tuttavia altri mezzi di partecipazione incidenti sulla vita politica.

È normale che dalle parole si voglia passare rapidamente ai fatti e quindi dall’elaborazione delle idee e delle proposte alla diretta partecipazione alle Istituzioni democratiche, ma non è una strada obbligata e sbrigativa. Il sistema dei partiti, con tutto quel che lo segue, ha fretta di omologare questi movimenti spontanei, per devitalizzarli, inquadrarli e ridurli ai minimi termini. Le sardine quindi devono essere molto attente a non finire in scatola.

Esiste tuttavia anche il rischio inverso, quello della marginalizzazione e del relegamento nello sfogatoio protestatario. Trovare una giusta via di mezzo non è semplice. Dal momento in cui si vuole avere vita lunga bisogna organizzarsi, strutturarsi, uscire dal mero spontaneismo e il pericolo di rimanere imbrigliati nei soliti meccanismi è grande.

Ho vissuto, seppure in modo molto defilato, l’esperienza illusoria dell’assemblearismo sessantottino, fenomeno molto più elitario rispetto alle piazze autopromosse riconducibili alle sardine. La partecipazione diretta è molto importante, ma non può esaurirsi in se stessa. La sfida è pertanto lasciata alla fantasia e alla creatività di cui l’imbalsamato sistema politico ha enorme bisogno. Se saranno rose, fioriranno, con l’impegno a lasciarle fiorire e a non volerle coltivare in serre più o meno limitanti e a non volerle raccogliere prima del tempo.

Tutti impartiscono lezioni di strategia e tattica. Sembrano quei due ingegneri e progettisti supponenti, che si scambiavano complimenti, ma che si erano dimenticati l’uscio nella porcilaia. Mia nonna, in un colorito dialetto, li bollava così: “Méstor mi e méstor vu e la zana d’indò vala su?”. Le sardine devono fare un partito! No, devono restare nelle piazze! Devono proporsi come nuova guida della sinistra! Devono stare al di fuori della mischia partitica! Ce n’è per tutti i gusti. Chi tira loro la giacca, ammesso che ce l’abbiano; chi li esorcizza come i soliti fannulloni esibizionisti; chi aspetta la loro prima mossa avventata per ridacchiare e sputtanare tutto; chi li confina nel giovanilismo che dura poco, il tempo di trovare un lavoro o la fidanzata; chi li vuole santi subito e chi li demonizza inesorabilmente.

Se posso aggiungere un mio consiglio rispetto ai già tanti che circolano, cerchino di sbagliare con la loro testa! Certo, da tutti si può imparare, di errori se ne possono fare e se ne faranno tanti, ma meglio tentare qualche ricetta nuova che accontentarsi delle minestre riscaldate. Anche perché, cantando “bella ciao” e recitando gli articoli della Costituzione, si va sul sicuro, tutt’al più si farà comunque un utile ripasso della storia passata, che serve sempre per guardare avanti seriamente senza rincorrere il primo cretino che dà aria ai denti.