I sassi nella piccionaia dell’indifferenza

Il grande Mario Tommasini, amico carissimo ed indimenticabile, protagonista ed alfiere della vicenda solidale parmense, rappresentante laico del nostro sentimento altruistico, così si esprimeva con la spinta e la forza che lo caratterizzavano (non so sinceramente se il discorso che segue fosse letteralmente farina del suo sacco, lo era certamente il senso): «C’è un male che affligge il mondo. Un male che se ti prende ti fa morire dentro. E che se lo subisci ti fa soffrire il dolore più inaccettabile, più insopportabile. Questo male è l’indifferenza, che è sinonimo di freddezza, di disinteresse. L’insensibilità è figlia della rassegnazione, non del disamore. Non è odio, non è volere il male, è però accettare che il male ci sia. Che ci sia il dolore. Casa, lavoro, affetti, salute: questo è l’essere umano. Ogni essere umano. Se di questi elementi ne manca anche uno solo, la persona vive il disagio. L’equilibrio si fa precario. Inevitabile? No».

Ebbene, in questo periodo l’apatia e l’indifferenza la stavano facendo da padrone: niente sembrava più smuovere le coscienze appiattite sui luoghi comuni di una destra capace solo di seminare paura e odio. Anche i giovani sembravano distrattamente coinvolti in questa deriva qualunquista. Finalmente si sono accese due lampadine nel buio conformistico: a livello mondiale il rigurgito di vitalità indotto dalla protesta di Greta contro la disperata, progressiva e masochistica corsa verso la distruzione dell’ambiente; a livello italiano la mobilitazione promossa dal movimento delle sardine, vale a dire la riscossa costituzionale contro l’assuefazione ad una politica senza memoria, senza valori, senza prospettiva e senza speranza.

I giovani, pur con tutti i loro limiti esperienziali, ci stanno suonando la sveglia. Ci sarà certamente chi scuoterà il capo, alzerà le spalle o si volterà dall’altra parte. Tuttavia è in atto una bella provocazione, che riporta la politica con la “p” maiuscola al centro dell’attenzione. Era ora! La mobilitazione è spontanea e convinta, scendere in piazza riprende ad essere il metodo per mobilitarsi e combattere pacificamente a servizio dei valori più alti del vivere civile. Sto respirando una boccata di aria giovanile, ne avevo bisogno, non solo anagraficamente parlando.

La società soffre la mancanza di rappresentanza che le offrivano le cosiddette forze intermedie, i partiti, i sindacati, le organizzazioni professionali. In questa situazione di crisi di rappresentatività e partecipazione è alto il pericolo di frustrazione e di avvitamento sulla sfiducia e la storia insegna che c’è sempre chi è pronto a colmare il vuoto valoriale con proposte capziose e pericolose. Ben vengano quindi i movimenti che rompono questo nebbioso conformismo. Non so dove potranno sfociare, se rimarranno a livello di denuncia e proposta o se potranno addirittura configurare una nuova strutturazione socio-politica.

Il sasso in piccionaia è stato gettato, i piccioni hanno preso il volo, non so dove andranno, ma certo il loro comodo e statico nido è messo in seria discussione. Per ora mi basta. Mi sembrano prematuri altri discorsi, così come rifiuto lo scetticismo dei soliti gufi e la sbrigativa definizione di minestra scaldata rispetto ai fuochi fatui del M5S. Qualcosa di diverso si è mosso ed era ora. Guardavo ai personaggi della politica, del mondo sindacale, della Chiesa e invece è saltata fuori una ragazzina qualsiasi, si è mosso un gruppo di ragazzi qualsiasi: spero che serva a mobilitare e coinvolgere direttamente o indirettamente tanta gente qualsiasi. Sia ben chiaro che qualsiasi non vuol dire qualunque.