Quando si allunga il brodo femminile

Un tempo si sosteneva che, se non si vuol risolvere un problema, si fa una commissione: oggi si direbbe “aprire un tavolo”. Quando il problema diventa enorme e generale allora si promuove una giornata mondiale. Ce ne sono in quantità maggiore dei giorni stessi, al punto che bisognerà fare come con i santi, vale a dire definire più temi al giorno, altrimenti non c’è capienza.

Al di là della mia punta di scetticismo, mi sembra tuttavia doveroso risalire alle origini della celebrazione in data 25 novembre della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, ricorrenza istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La data è stata scelta come giorno in cui celebrare attività a sostegno delle donne, sempre più vittime di violenze, molestie, fenomeni di stalking e aggressioni tra le mura domestiche. Il 25 novembre non è una data casuale: quel giorno infatti, correva l’anno 1960, furono uccise le sorelle Mirabal, attiviste politiche della Repubblica Dominicana. Il brutale assassinio delle tre sorelle Mirabal fu fortemente sentito dall’opinione pubblica. Le tre donne sono considerate ancora oggi delle rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos. Il 25 novembre del 1960 le tre donne si recarono a far visita ai loro mariti in carcere quando furono bloccate sulla strada da agenti del Servizio di informazione militare che le portarono in un luogo nascosto. Qui furono torturate, stuprate, massacrate a colpi di bastone e strangolate a bordo della loro auto. L’unica sopravvissuta fu la quarta delle sorelle Mirabal, Belgica Adele, che dedicò la sua vita a onorare il ricordo delle tre donne. Pubblicò successivamente un libro di memorie: Vivas in su jardin. Le sorelle Mirabal sono conosciute anche con il nome “Mariposas”, poiché simili a delle farfalle in cerca di libertà.

Vengo alla pregnante attualità del tema, per dire come non mi sia mai capitato di trovare una persona che giustifichi in qualche modo la violenza sulle donne. Evidentemente molti mentono spudoratamente e non hanno il coraggio di venire allo scoperto. Probabilmente sono contro la violenza riguardante le donne, solo quelle maltrattate dagli altri (magari gli stranieri). Forse dipenderà dal fatto che non pratico i social media: lì si annidano e vengono a galla le opinioni più assurde e si creano i presupposti per alimentare la violenza a trecentosessanta gradi. Le cifre incredibili del fenomeno sono difficilmente spiegabili. Esistono ragioni molto più diffuse e profonde, che affondano nella cultura, nella storia, nella psicologia, nella politica. Il dato più impressionante riguarda la violenza contro le donne fra le mura domestiche, nell’apparente normalità della vita, nei rapporti con il partner e con i maschi a portata di mano.

Un tempo il fenomeno esisteva, ma rimaneva piuttosto nascosto, ora emerge, non ancora fino in fondo, ma comunque in tutta la sua brutalità e mette in discussione il nostro vivere civile. Sono piuttosto contrario alla celebrazione tematica delle giornate, perché mi sembra un modo per creare un alibi sociale e mettere a tacere le coscienze a livello personale. Nella nostra società si tende ad affrontare i problemi a livello di drammatizzazione mediatica, che non ha nulla da spartire con la presa di coscienza individuale e collettiva.  Così facendo si sposta il problema dalla vita quotidiana a quella virtuale e tutti pensiamo che, quindi, non ci riguardi da vicino e ci limitiamo a protestare senza capire che ne siamo tutti coinvolti e, per certi versi, responsabili.

Sarebbe importante che ognuno facesse un attento esame di coscienza per individuare idee e comportamenti direttamente o indirettamente collegabili alla violenza sulle donne. Certa facile ironia non è forse l’anticamera del disprezzo e della discriminazione? Certa supponenza maschilista non è forse il modo subdolo per considerare la donna un essere inferiore? L’adesione a certi modelli culturali non finisce per legittimare una società consumisticamente orientata alla parità di difetti ben lontana dalla parità dei diritti? Il cammino dell’emancipazione femminile non è forse costellato di trappole che relegano la donna in un pornografico e degradante paradiso o in una sorta di apprendistato pseudo-maschilista? Il modo superficiale e sbrigativo con cui si accostano al sesso le nuove generazioni non finisce col banalizzare i rapporti e assoggettarli al rischio della prevaricazione da parte del soggetto più forte e più irresponsabile? Le religioni, più o meno, non sono forse attestate sulla difesa di schemi tradizionalmente e culturalmente chiusi e discriminatori nei confronti della donna? La politica non si limita forse a pontificare imponendo per legge l’assurdità delle quote rosa, come se bastasse pareggiare artificiosamente i conti per farli sostanzialmente tornare? Nei rapporti internazionali chi si preoccupa di scovare i comportamenti aberranti verso le donne, caratteristici di certe società e di certi regimi?

Ben vengano le giornate, i simboli, le iniziative, le denunce, le mobilitazioni. Se però non sono accompagnate dallo scandaglio individuale e sociale, finiscono alla stregua dei minuti di raccoglimento per le vittime di tanti fenomeni. Mio padre, quando allo stadio si ricordava qualche personaggio col minuto di silenzio, al termine del breve black out, in concomitanza con la ripresa sistematica delle urla dei tifosi, diceva sottovoce: «Zá scordè al mòrt…». Adesso non si fa più nemmeno un po’ di silenzio, perché si applaude: a cosa non ho mai ben capito… A proposito di calcio, sono sinceramente felice che il football femminile si stia ponendo all’attenzione del mondo calcistico. Se però le calciatrici scimmiottano i loro colleghi maschi, se puntano dritto agli ingaggi facili, se entrano sic et simpliciter nel circo mediatico, diventeranno gli specchietti per le allodole di chi pensa che le donne si emancipino in questo modo, proponendo schemi fuorvianti di alienante successo. La solita parità di difetti. Sì, tutto fa brodo, ma dipende qual è il brodo…