La guerra delle bottiglie

Quando in una famiglia le cose non vanno bene e non c’è intesa, ogni pretesto è buono per litigare. Sto assistendo con fastidio e imbarazzo alle continue scaramucce, che scoppiano regolarmente sui vari argomenti fra i partner della maggioranza, che dovrebbe sostenere il governo Conte II. Non so ancora se ci sia continuità o discontinuità fra l’azione del governo Conte I e quella del governo Conte II. Una cosa mi sembra evidente: c’è continuità nella litigiosità. Forse è un dato che sta comunque connotando il fare politica, riducendola ad una rissa elettorale continua e insopportabile.

Più la gara è difficile e più dovrebbe consigliare un minimo di collaborazione fra coloro che la devono sostenere, invece avviene esattamente il contrario: la manovra economica si è presentata fin dall’inizio come una sorta di nozze coi fichi secchi. Era doveroso ammetterlo, cercare di valorizzare al massimo i fichi secchi, vale a dire le poche risorse disponibili, e puntare decisamente su provvedimenti a costo zero o addirittura su scelte di taglio alle spese inutili. Invece si litiga anche sui fichi secchi e si va alla disperata ricerca di quelli freschi.

In molti definiscono come una “manovrina” l’azione governativa economico-finanziaria; anche in politica piccolo può essere bello, purché ben mirato e finalizzato. Non si vede invece un disegno seppur minimale, si coglie soltanto un tira e molla dettato soprattutto dalla disperata ricerca di visibilità partitica. Il principale interprete di questa fase disfattista sembra essere Matteo Renzi, il quale non vuole affatto mantenere sereno Giuseppe Conte e lo disturba in continuazione. Un caro amico, attento osservatore delle cose della politica, si è e mi ha chiesto: insomma, cosa vuole Renzi, dove vuole andare, che disegno ha in testa, che tattica sta seguendo, a quale strategia fa riferimento? Non ho saputo rispondere. Forse non saprebbe rispondere nemmeno il diretto interessato.

Ultima pretestuosa polemica la plastic tax: chi la vede inquadrabile nel discorso della green economy, chi ne fa un problema di introito erariale, chi la vede come un colpo basso assestato ad un settore industriale e commerciale, chi la utilizza per polemizzare e lanciare penultimatum.

Un governo di coalizione ha sempre comportato problemi di convivenza politica e di ricerca di difficili compromessi: ricordo i travagliati tempi del centro-sinistra, con pause di centro-destra, con aperture compromissorie al partito comunista. La differenza stava però nel fatto che (quasi) tutto, pur nella complicata matassa politica, rispondeva ad una logica strategica e tattica. Oggi la matassa è ancor più aggrovigliata, manca totalmente un respiro strategico e tutto si riduce ad un tatticismo esasperato e demagogico. Alcuni partiti non hanno radici storiche, culturali e territoriali, altri se le giocano esclusivamente nel breve termine, altri le trasformano o le camuffano.

In conclusione mi sembra che la plastica non sia tanto oggetto di tassazione, ma sia diventata la materia prima della politica. Berlusconi ha inaugurato con Forza Italia la (non) politica di plastica, adesso sta tirando le ultime bottiglie sintetiche che non fanno paura a nessuno, dopo aver fatto la plastica alla sua faccia e a quella del suo partito (entrambe riuscite malissimo al limite del ridicolo). Qualcuno sta sostituendo la plastica delle illusioni con il cemento dei muri. Altri puntano sulle illusioni di vetro che rischiano di creare le schegge impazzite della protesta universale. Altri pretendono di riciclare bottiglie d’autore impolverate e piene di detriti. Altri le tirano a vanvera contro il primo bersaglio che si presenta.