La sana burocrazia antifascista

Ai bei tempi in cui ero  modestamente impegnato in politica, quando si stilava un documento non mancava quasi mai un accenno alla scelta antifascista: “democratico ed antifascista” era un virtuoso ritornello, che segnava inequivocabilmente il territorio su cui si camminava e si operava politicamente. A me non è mai venuto in mente che fosse una proposizione stucchevole, anzi la consideravo come un distintivo da esibire con orgoglio e impegno. Certo, non bastava a qualificare un programma o un progetto, ma ne era un presupposto essenziale e indispensabile.

In questi giorni ha fatto scalpore e suscitato polemiche il fatto che in comune di Parma il modulo per la “richiesta di occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche per passi e accessi carrai” preveda una dichiarazione aggiuntiva, consistente nella barratura di una casella piuttosto impegnativa: riconoscersi nei principi costituzionali democratici; ripudiare il fascismo e il nazismo; non professare e non fare propaganda di ideologie nazifasciste, xenofobe, razziste, sessiste o in contrasto con la Costituzione; non perseguire finalità antidemocratiche esaltando, minacciando od usando la violenza quale metodo di lotta politica o propagandando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni ed i valori della Resistenza; non compiere manifestazioni esteriori di carattere fascista e/o nazista, anche attraverso l’uso di simbologie o gestualità ad essi chiaramente riferiti.

Se devo essere sincero, il testo di questa dichiarazione mi piace, lo trovo attualissimo ed assai pertinente, anche e soprattutto rispetto al momento storico che stiamo vivendo. Non capisco quale imbarazzo possa avere un cittadino a barrare una simile casella e ad assumere impegni che dovrebbero essere automatici e normali per chi vive in una società veramente democratica così come delineata dalla nostra Carta costituzionale. Potrà essere considerato un eccesso di zelo burocratico la richiesta di formulare simili impegni al fine di ottenere semplicemente un passo carraio o roba del genere. Le pratiche burocratiche richiedono generalmente la produzione di tanti documenti inutili, la fornitura di tanti dati scontati e ripetitivi, molto spesso, già in possesso della pubblica amministrazione. In molte procedure è richiesto il certificato antimafia, che purtroppo non basta a fare chiarezza sul comportamento di un soggetto che si rivolge alla pubblica amministrazione per ottenere un’autorizzazione o una concessione. L’amministrazione comunale di Parma ha ritenuto, indirettamente e forse esageratamente, che, come si suole dire, dove ci sta il più ci stia anche il meno.

Il vicesindaco Marco Bosi ha spiegato che “le regole per l’accesso alle sale civiche e sulla concessione dell’occupazione di suolo pubblico sono state varate dal consiglio comunale il 18 novembre 2018 col fine di controllare che spazi pubblici, al chiuso e all’aperto, non fossero concessi per attività politiche neofasciste e come gli uffici tecnici abbiano recepito le nuove regole per tutti i casi di occupazione di suolo pubblico, quindi anche per i passi carrai: un atto amministrativo, e uno scrupolo eccessivo, che non nasconde alcuna volontà politica”. Il vicesindaco ha anche aggiunto di “non vedere perché un cittadino debba provare fastidio a dichiararsi democratico e ad aderire ai principi della Costituzione”.  Ben detto!

Se la destra ha questi argomenti per attaccare la giunta comunale, se certa stampa prende spunto da una simile questione per imbastire accuse di “estremismo ideologico” e “marketing politico”, vuol dire che gatta ci cova e infatti di gatte covanti ce ne sono parecchie (anche in Senato). Su facebook un esponente di Fratelli d’Italia scrive: “Il fascio carrabile. A Parma se chiedi il passo carraio devi sottoscrivere questa roba qua. Fa molto ridere. Anzi no. Una postilla di dubbia costituzionalità, illiberale, discriminatoria, pretestuosa e, strumentale”. Non gli resta che andarsi a rileggere la storia e la Costituzione prima di dare aria ai denti della polemica politica.

Sono da sempre un cittadino ostile rispetto alla burocrazia, ai suoi riti ed alle sue sciocche e inutili procedure. In questo caso però devo ricredermi e riconciliarmi con essa. Fosse solo per avere snidato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che purtroppo l’antifascismo, con tutto quel che ne consegue, non è patrimonio condiviso, anzi viene ritenuto un fastidioso orpello del nostro civico operare. Non voglio sopravvalutare l’episodio parmense, né dare all’amministrazione comunale patenti di democraticità (ci vorrebbe ben altro), ma in questo caso sto dalla parte del sindaco Federico Pizzarotti, il quale, magari senza volere, partendo da una sacrosanta preoccupazione di prevenire la concessione di spazi pubblici per attività neofasciste, ha sollevato, anche a  livello di scartoffie burocratiche, un problema di fondo della nostra società democratica e (lo dico e lo dirò sempre convintamente) antifascista.