Non vogliamo i dipendenti dalle chat

Più che di chat dell’orrore io proverei a parlare di orrore per le chat. Probabilmente stiamo mettendo in mano a impreparati e immaturi ragazzini autentiche bombe senza sicura, che possono scoppiare da un momento all’altro. Dove ci sta il più ci sta anche il meno. Dove sta svanendo il senso del limite tutto diventa ammissibile: se nessuno si è preoccupato di insegnare ai ragazzi cosa vuol dire nazismo, è possibile che il nazismo diventi una parolaccia su cui e dietro cui scherzare; se nessuno ha trasmesso ai bambini il valore del rispetto per la vita di tutti, è mostruoso, ma possibile, che si scherzi sulle violenze viste come divertimento; e via di questo passo.

La nostra è la società dell’eccesso e quindi le persone, per età e cultura, meno preparate ed attrezzate possono nuotare nell’eccesso senza forse nemmeno accorgersi di quanto stanno facendo. La nostra non è la società del libero pensiero, ma sta diventando, a tutti i livelli, la società del libero sfogo e quindi, dal momento che lo sfogo è di per se stesso qualcosa di incontenibile e incontrollabile…

È inutile scandalizzarsi, bisogna invece allarmarsi e cominciare a fare qualcosa soprattutto a livello educativo e formativo. Quando osservo questi ragazzini alienati dall’uso spropositato degli smartphone, mi chiedo: come fare a mettere un freno a questa deriva informatica? Vietando loro l’uso di questi pericolosi apparecchi? Forse sarebbe ancora peggio, perché scatterebbe il fascino del proibito che enfatizzerebbe ancor più il ricorso a questi strumenti. Ricordiamo tutti il richiamo che esercitavano le pellicole vietate ai minori…

E allora? Non esistono ricette facili per malattie complesse e progressive. Bisogna partire o ripartire dalla prevenzione, dall’educazione, da un certo tipo di istruzione, dalla cultura dei valori e degli ideali, che abbiamo tolto ai ragazzi e che dobbiamo loro restituire con gli interessi.

In questi giorni ho visto la disgustosa scena dei calciatori del Foggia che osannavano e inneggiavano a certi tifosi e non si sottraevano alle rime degli ultras: «Noi vogliamo i diffidati». Lo hanno ripetuto a lungo e si sono fatti riprendere. Il messaggio evidentemente era rivolto ai tifosi che allo stadio non possono entrare, quelli colpiti dai Daspo del questore, che ai match della squadra non possono assistere.  A loro era dedicato anche uno striscione al centro della curva, ma la scena inaspettata è stata quella dei calciatori che cantavano e battevano le mani per i tifosi finiti nel mirino delle autorità di pubblica sicurezza.

Molti anni fa, ero alla fermata di un autobus ed attendevo con la solita impazienza l’arrivo del mezzo pubblico; accanto a me stavano un giovane padre assieme a suo figlio bambino, ma non troppo. Sfogliavano un giornale sportivo e leggevano i titoloni: il più eclatante diceva della pesante squalifica comminata a Maradona per uso di sostanze stupefacenti. Si, il grande Maradona (Mardona lo chiamava mio padre…. ed è tutto un programma) beccato con le dita nella marmellata. Il bambino ovviamente reagì sottolineando la gravità della sanzione ed espresse, seppure un po’ nascostamente, il suo rincrescimento per l’accaduto. Qui viene il pezzo forte, la reazione del padre che vomitò (non so usare un verbo migliore): “Capirai quanto interesserà a Maradona con tutti i soldi che ha!!!” Il bambino non replicò e l’argomento purtroppo si chiuse così. In poche parole quel “signore” aveva lanciato un messaggio negativo, diseducativo all’ennesima potenza. Era come dire al proprio figlio: “Ragazzo mio, nella vita conta solo il denaro, delle regole te ne puoi fare un baffo, della correttezza fregatene altamente”. Arrivò finalmente l’autobus, il tutto finì lì, ma ringraziai mio padre perché non ragionava così.

A distanza di tempo arrivano ben altri autobus sulle ali del web. Ed è un coro disgraziato di oscenità che investe i giovanissimi. Facciamo un bell’esame di coscienza e proviamo a ricominciare da capo. È tardi, ma non è mai troppo tardi. Saro vecchio, ma la penso così.