Nella notte razzista, tutti i delinquenti sono immigrati

Ogni pretesto è valido per drammatizzare e fuorviare il problema dell’immigrazione. Mio padre, al contrario, era capace di sdrammatizzare anche le più gravi situazioni, aveva l’abilità dialettica di ridurre le questioni ai minimi termini, non per evitarle, ma per affrontarle in modo pacato e realistico. Di fronte alle reazioni esagerate e catastrofiste metteva in campo una curiosa similitudine: «Se a vón agh va ‘d travèrs un gran ‘d riz, an magnol pu al riz par tutta la vitta? No, al sercarà ‘d stär pu atenti…».

Due poliziotti sono morti a Trieste in una sparatoria in Questura. A sparare è stato un rapinatore che avevano fermato e che era insieme al fratello. Secondo una nota della stessa Questura, “i due fratelli erano stati accompagnati in Questura da personale delle Volanti dopo un’attività di ricerca del responsabile della rapina di uno scooter, avvenuta nelle prime ore del mattino. Per motivi in fase di accertamento – si legge nella nota – uno dei due ha distolto l’attenzione degli agenti e ha esploso a bruciapelo più colpi verso di loro. Entrambi hanno tentato di fuggire dalla Questura, ma sono stati fermati”. I due fratelli sono originari della Repubblica Dominicana. A sparare ai due poliziotti è stato quello descritto come affetto da disagio psichico.

Immediatamente, a latere di una sacrosanta ondata di sdegno per questo inquietante atto criminale, di spontanea condanna del clamoroso gesto criminale e di doveroso solidarietà verso gli operatori delle forze dell’ordine che rischiano la vita nell’adempimento del loro delicatissimo e importantissimo compito spesso dimenticato e sottovalutato, è partita la vergognosa strumentalizzazione del fatto che gli autori di questa folle azione criminale siano stranieri: vale sempre più la xenofoba e razzista espressione secondo la quale “straniero è uguale a delinquente”. Dimostrare, dati alla mano, che gli stranieri, gli immigrati in particolare, sono perfettamente in media rispetto alla delinquenza nostrana, non serve a nulla: non vale la temperatura reale, ma quella percepita, che risente del tasso di menagramo esistenti.

Adesso, da una parte si avrà la stucchevole invettiva di chi vuole fornire i cannoni alla polizia per battere la delinquenza, senza sapere che con i cannoni è difficile mirare sul giusto bersaglio ma si spara nel mucchio; dall’altra parte si criminalizzeranno tutti gli immigrati, con una generalizzazione assurda e dettata soltanto dalla paura alimentata da chi vuol creare un clima di scontro sociale su cui basare le proprie fortune politiche. Magari si tenderà scriteriatamente persino a bloccare l’iter parlamentare di una sana e positiva legge sulla cittadinanza agli stranieri, si chiami ius culturae, ius soli o come dir si voglia.

Di fronte a questo dibattito falsato, oltre a chi ci guazza dentro e soffia irresponsabilmente sul fuoco, esiste chi cerca di usare i guanti di velluto sollecitando e promettendo i soliti impossibili rimpatri: come se bastasse un decreto per scovare e riportare in patria i clandestini, senza contare che nei clandestini sono compresi anche soggetti che, pur non rientrando formalmente nelle categorie da accogliere, vivono comunque nei loro Paesi in situazioni disperate dal punto di vista economico e sociale.

Sarebbe molto più serio e onesto, ammettere innanzitutto che degli immigrati abbiamo bisogno, che quindi il fenomeno va gestito con razionalità e buon senso, che occorre affrontarlo in un clima costruttivo a livello nazionale ed europeo,  che nessuno può velleitariamente sbandierare ricette assurde, inapplicabili ed inumane come la chiusura dei porti e che dobbiamo rassegnarci  a fare i conti col fenomeno migratorio di cui siamo quanto meno corresponsabili, fenomeno che, al momento, non presenta peraltro quantitativi allarmistici, ma che, se non affrontato seriamente sulla base di politiche razionali ed umanitarie, può effettivamente creare grosse preoccupazioni. Insomma, in ordine all’immigrazione si può dire, parafrasando il noto proverbio, che la lingua batte a sproposito dove si vuole a tutti i costi che il dente dolga.