C’era da aspettarselo: l’uscita di Matteo Renzi dal partito democratico, come primo e immediato risultato, ha avuto quello di innescare l’apertura delle porte del partito ad opportunisti e pentiti. Renzi sostiene di avere riconquistato la propria libertà di iniziativa politica: sì, la libertà di lasciare campo libero a chi nel Pd ci crede ancor meno di lui. Il partito democratico viene stretto nella morsa dei nostalgici interni e recuperati e degli insoddisfatti fuorusciti. Non ho idea di cosa ci rimarrà.
Per fare politica occorrerebbe lungimiranza e, conseguentemente, pazienza. Due doti che sembrano mancare a Matteo Renzi, al quale va pur dato atto di avere tentato di svecchiare la sinistra, che fa molta fatica a interpretare culturalmente il mondo che cambia e a rappresentare politicamente le nuove istanze emergenti. Però, così come era entrato a gamba tesa all’inizio, presentandosi come rottamatore, alla fine ha abbandonato il campo, mandando affanculo la squadra per farne una nuova tutta sua, senza pensare che per gli spazi vuoti c’è sempre chi è pronto a occuparli.
Non nego di avere simpatizzato per lui, apprezzandone la verve e la modernità di linguaggio e restando affascinato dal suo attivismo e pragmatismo: finalmente un personaggio, che cercava di fare qualcosa di nuovo, uscendo dagli schemi tradizionali e dalle ingessature della politica. Poi tutti sanno come è andata a finire ed è inutile rimescolare la pentola. Oggi, a mio modesto giudizio sta sbagliando, gettando al vento i pur piccoli semi di novità emergenti dal Pd: secondo Renzi sono soltanto cambiamenti contingenti, necessari ma non sufficienti, a cui lui stesso ha contribuito. In parte avrà ragione, ma mi sembra altrettanto velleitaria e inconcludente l’azione alternativa renziana, troppo pretenziosa per essere pura tattica, troppo debole per essere vera strategia.
Fatto sta che il rottamatore si è indirettamente trasformato in riciclatore. Ha indubbiamente conquistato la ribalta, ma poi bisogna recitare e cantare, non basta chiacchierare. Una critica che ho sentito fargli da molti è quella di “parlare troppo”. Al di là del difetto legato alla sua terra d’origine, esiste l’interpretazione spregiudicata e parolaia della modernità. Le operazioni politiche vanno accuratamente e seriamente preparate: vale per lo sbrigativo accordo PD-M5S, imposto tuttavia dalle circostanze economiche, internazionali ed istituzionali, ma vale a maggior ragione per la fuga renziana, vagheggiata da tempo e realizzata in fretta e furia.
Devo andare a prestito dalla fantasia dei miei genitori, anche a costo di ripetermi. Se mia madre, più o meno convintamene e seriamente, usava mettere in discussione le proprie scelte matrimoniali, dicendo: “Sa tornìss indrè …”, mio padre la stoppava immediatamente ribattendo: “Mi rifarìss còll ch’ j ò fat, né pu né meno”. E giù a ridere ironicamente delle ipotetiche fughe con l’amante, con i due che scappano e cominciano a litigare scendendo le scale: della serie la famiglia ed il matrimonio sono una cosa seria. Anche i partiti e la politica sono cose serie!