Quei barconi carichi di…Lazzaro

Mi viene spontaneo fare un mix tra le due rubriche che porto avanti su questo mio modesto sito internet, tentare cioè una drammatica “confusione” tra un fatto del giorno e una riflessione religiosa. D’altra parte di che religione parliamo se la estraniamo dalla vita quotidiana e che vita viviamo se non facciamo riferimento a una fede (non necessariamente di tipo religioso).

Proprio in questi giorni ho sentito affermare, durante un’omelia di una celebrazione liturgica, che i cristiani hanno dei valori in più rispetto agli altri e quindi hanno l’obbligo di comunicarli: direi soprattutto di testimoniarli con la vita, a prescindere dal fatto che anche gli altri hanno valori in più rispetto a noi e li dobbiamo prendere in seria considerazione. Tutti mettano in campo i loro valori e li vivano concretamente e dopo le cose andranno molto meglio.

Ma torniamo ai fatti del giorno: un barcone carico di profughi, al largo delle coste libiche, si è capovolto. «Che cos’altro deve succedere affinché le autorità si prendano responsabilità per la situazione?». Alarm Phone rilancia via social l’allarme per l’imbarcazione in pericolo. Si tratta di una barca partita dalla Libia giorni fa: «Abbiamo informato le autorità in Libia, Italia e Malta, ma nessuno ha lanciato un soccorso». Con il passare delle ore la situazione, come prevedibile, è peggiorata: «I naufraghi temono di morire e chiedono aiuto. Le persone a bordo dicono che stanno imbarcando acqua». Intorno alle 13 l’ultimo disperato sos dalla barca: «Parlano di diritti umani, ma dove sono? Vi prego, aiutateci!”.

Veniamo alla religione. Proprio in contemporanea al drammatico fatto di cui sopra la liturgia della domenica offriva la parabola evangelica del ricco epulone. Lazzaro è un povero disgraziato, coperto di piaghe, che sta alla porta di un riccone ed è bramoso di sfamarsi con quello che cade dalla sua tavola, mentre lui non lo degna nemmeno di uno sguardo, fa finta di niente e continua a banchettare lautamente.   Arriva l’aldilà e il ricco epulone è collocato fra i tormenti, chiede prove d’appello, pietà e comprensione. Ma è troppo tardi, Lazzaro è in Paradiso e Abramo non può fare più nulla per alleviare le sofferenze dell’ingordo e indifferente vip.

Il contrasto vale a livello interpersonale, ma vale anche a livello sociale e internazionale. Da una parte abbiamo alcune persone dello spettacolo, dello sport, della finanza, dell’industria, del commercio che guadagnano milioni di euro e restano più o meno indifferenti davanti a tante persone che, con il magro stipendio o sussidio di disoccupazione, non sanno come sostenere le spese delle loro famiglie. Poi abbiamo i paesi ricchi che respingono e lasciano morire i disgraziati dei paesi poveri.  Il tratto dominante nella parabola e nei rapporti reali è l’indifferenza.

Arriviamo persino a teorizzare la nostra indifferenza come un diritto di difesa. Chiudiamo gli occhi di fronte a tante miserie, a tante sofferenze, a tante povertà e osiamo giustificarci: cosa possiamo fare? Non possiamo impoverirci, non servirebbe a niente, la povertà rimarrebbe comunque nel mondo. Noi abbiamo già dato, adesso tocca agli altri. Non se ne può più di questi profughi che vengono a insozzare la nostra società.

Pensiamo di farla franca, ma arriverà l’inferno e non si tratta di un inferno per i creduloni, un luogo teorico e didattico: è qualcosa di credibile e concreto. Non possiamo pensare di farla franca nell’aldilà, ma già in questo mondo: i profughi continueranno ad arrivare, noi li respingeremo e ne arriveranno ancora di più e la nostra società sarà giustamente scombussolata. Oltre tutto non abbiamo nemmeno l’umiltà di ammettere di avere bisogno di questi soggetti. Come se il ricco epulone non avesse più servitori e si rifiutasse di far lavorare il povero Lazzaro. Indifferenza e stupidità! Meritiamo un doppio inferno!