I gretini non sono cretini

È una vera e propria rivoluzione culturale o una ridondante e mediatica moda ecologista? Me lo sono chiesto di fronte alle manifestazioni globalizzate dei giovani a salvaguardia della natura e contro tutti i disastri che il mondo sta combinando.

Faccio parte di una generazione che si è battuta, con forza e convinzione mista a violenza e illusione, per una società più giusta, a misura d’uomo: era una, pur velleitaria, ricerca di cultura alternativa, di un modo diverso di porsi davanti alla realtà. Non so quanti segni di cambiamento e di progresso siano rimasti, difficile da stabilire, impossibile da verificare. Come sarebbe oggi il mondo se i giovani, negli anni sessanta, non avessero protestato e lottato contro le ingiustizie, le diseguaglianze, gli sfruttamenti, etc. etc. Qualcuno sostiene che, dopo tutto quel gran casino, i giovani si siano “imborghesiti” ed abbiano ricostituito la società su basi rivedute e scorrette. Mi sembra un giudizio storico ingiusto e impietoso.

Cosa resterà della sommossa ecologista scoppiata in questo periodo sulle piazze di mezzo mondo? Qualcuno grida al miracolo dell’autoconvocazione globale, qualcuno snobba il tutto riducendolo a “gretinismo” ecologico, ultima e diffusa versione del cretinismo salottiero e domenicale degli improvvisati fans naturisti.

Che milioni di ragazzi scendano in piazza per testimoniare, seppure in modo alquanto retorico, la loro fede nella bontà della natura e nella cattiveria degli uomini che la deturpano, mi sembra un fatto rilevante al di là delle facili e mediatiche emulazioni in corso. Che le nuove generazioni prendano coscienza della rovinosa deriva in cui siamo immersi, non è cosa da poco. Come sempre la mobilitazione sociale comporta dei pericoli: rimanere alle grida-contro che scivolano sul vetro della conservazione o, nel caso dei cambiamenti climatici, sullo scetticismo del già visto e già vissuto; scendere sul terreno degli entusiasmi collettivi per lasciare inalterati gli equilibri societari di potere; mettere a posto la coscienza vagheggiando il paradiso terrestre.

Non saranno sufficienti le risposte dei governi, non basteranno gli accordi internazionali e, ancor meno, i protocolli tra i potenti della terra, ma qualcosa dovrà pur cambiare. Può darsi che il punto d’attacco progressista sia proprio quello dell’ecologismo, del ripartire dalla natura e dall’ambiente per impostare una società diversa. La provocazione giovanile non va sottovalutata. I giovani vanno presi sul serio e non snobbati o ridicolizzati. Ammetto di non essere in sintonia con la loro mentalità, sono figli del nostro mondo e ben venga che pretendano di diventare protagonisti del loro mondo.

Non so andare oltre il rispetto e l’attenzione, non riesco a vedere gli sbocchi immediati per un impegno concreto in difesa dell’ambiente naturale che, come sostiene papa Francesco, è anche ambiente umano e sociale. I giovani devono costruire il loro futuro partendo dalla loro fantasia creativa, perché quello che gli stiamo consegnando non basta. Lasciamoli creare e lavorare!