Il renzismo ai tempi supplementari

Da parecchio tempo si vociferava di una probabile scissione del PD promossa da Matteo Renzi, ora che è diventata confusa realtà, non ci si può esimere dal mettere in fila gli ultimi passaggi che hanno fatto da preludio a questa decisione.

L’ex presidente del Consiglio ed ex segretario democratico apre improvvisamente la porta ad un governo di salute pubblica tra PD e M5S, finalizzato soprattutto e innanzitutto a scongiurare il pericolo dell’aumento dell’iva legato agli impegni verso l’Europa. Era una breccia un po’ stretta, ma sufficiente a incoraggiare gli interlocutori: il segretario Zingaretti viene preso in contropiede e non si tira indietro, anzi punta, assieme a quasi tutto il partito, ad un governo organico con i cinquestelle; il leader carismatico pentastellato, Beppe Grillo, dà una sorta di placet all’ardita operazione; il premier uscente Giuseppe Conte non si fa da parte, non lascia, ma raddoppia e, dopo qualche iniziale perplessità (la discontinuità…), la sua candidatura viene accettata anche dal PD; il presidente della Repubblica prende atto della nuova maggioranza parlamentare  e stringe i tempi.

Come mai Matteo Renzi ha fatto questa rapida virata? Un anno fa si era messo di traverso per stoppare ogni e qualsiasi tentativo di dialogo con i grillini, oggi ne diventa promotore con alle spalle la sua consistente truppa parlamentare. La motivazione dell’emergenza economico-finanziaria, pur essendo reale, non convince. L’interpretazione prevalente è che si tratti di una mossa tattica volta a guadagnare tempo sul piano elettorale per il progetto di nuovo partito ancora troppo embrionale per sottoporsi alla prova delle urne, per evitare di uscire con le ossa rotte da una consultazione preparata e gestita dal nuovo establishment Pd, di perdere una folta rappresentanza parlamentare a livello correntizio e il conseguente diritto di veto nella vita delle Camere. Fin qui siamo nel più bieco tatticismo, che non entusiasma, ma si può anche capire.

Renzi però va addirittura oltre e inserisce suoi fedeli amici nella compagine ministeriale: il governo giallo-rosso diventa un po’ anche il suo governo. Egli evidentemente intende controllare i giochi dall’interno, avere una piena dignità di interlocuzione in un governo tutto da scoprire. Passi anche questa mossa ben accetta un po’ da tutti, una specie di salvagente contro eventuali colpi di testa o di mano: affondare la barca su cui si naviga risulta piuttosto irrazionale e paradossale.

Tutti, a quel punto, si aspettavano una pausa di riflessione, invece ecco l’improvvisa accelerazione con l’annuncio ufficiale dell’uscita dai gruppi parlamentari del PD e dal partito stesso. Come mai questa mossa? Probabilmente il nuovo corso giallo-rosso stava prendendo troppo piede, il Pd stava recuperando terreno e ruolo, l’alleanza si allargava in senso elettorale a certe regioni, l’Europa stava dando benedizioni a raffica. La barca rischiava di diventare imbarazzante e coinvolgente. Meglio uscire in buon ordine, dando garanzie di appoggio al governo Conte 2 (?) e giocando al massimo il proprio potere di interdizione fino a raggiungere il momento giusto per varare e strutturare il nuovo partito renziano e sottoporlo al bagno elettorale.

Nel frattempo tutti vanno alla ricerca dell’inventario degli amici di Renzi, disposti a seguirlo fin d’ora. Sembrano pochi anche se carissimi amici. Si parlava di ben cento parlamentari, ora se ne contano meno di quaranta e niente sindaci. Come mai? Forse, dopo il preludio di cui sopra, siamo solo al primo atto: un assaggio di scissione tanto per vedere l’effetto che fa in parlamento, nel partito, nei media, fra la gente. Le pillole vanno prese nelle dosi giuste altrimenti possono attenere l’effetto contrario. Nel frattempo Matteo Renzi è riuscito a conquistare il centro della scena, rubandolo da una parte a Conte, da un’altra parte a Pd e M5S, dall’altra ancora a Matteo Salvini. Ora la politica italiana dipende anche e soprattutto da lui. Personalmente non sono interessato a questi giochi: ne ho visti di peggio, ne ho visti anche di meglio. Sempre giochetti sono e non mi piacciono per niente. Così per me finisce (molto male) il renzismo. E pensare che mi ero fatto qualche illusione…purtroppo mi sono sbagliato di grosso. Renzi, quando vinceva o sembrava vincere, voleva stravincere; da quando ha cominciato a perdere, dimostra di non saper perdere e/o di voler vincere a tutti i costi.