I vilipendi paralleli

C’era da aspettarselo. Le rabbiose manciate di fango leghiste contro le istituzioni democratiche non hanno risparmiato il presidente della Repubblica. Durante la giornata preparatoria del raduno di Pontida, dedicata ai giovani padani o leghisti, come dir si voglia, il deputato veneto Vito Comencini ha lanciato parole durissime contro Sergio Mattarella: «Questo presidente della Repubblica, lo posso dire? Mi fa schifo. Mi fa schifo chi non tiene conto del voto del 34 per cento degli italiani». Sono penose dichiarazioni che si configurano come vilipendio del Capo dello Stato.

Non mi stupisco perché la follia di questa gente non ha limiti e il loro rancore deve pur trovare uno sfogo. C’è però un piccolo particolare: il voto del 34 per cento degli italiani, prima di brandirlo come arma politica, i leghisti se lo devono conquistare nelle urne giuste, quelle delle elezioni politiche. Poi, semmai, se ne potrà parlare. Se vanno avanti così, può darsi che quella percentuale si assottigli, anche se la pancia degli italiani non ha certo smesso di brontolare.

Mi sono ricordato che anche i grillini, durante le consultazioni che culminarono nella formazione del governo giallo verde, il precedente governo, quello che io amo chiamare pentaleghista, per bocca di Luigi Di Maio attaccarono duramente il Capo dello Stato. L’esecutivo M5s-Lega era alle prese con la candidatura di Paolo Savona come ministro dell’Economia, giustamente contrastata da Mattarella in quanto caratterizzata da una chiara impronta antieuropeista. Immediata fu la reazione di Lega e M5S. Salvini invocò immediatamente un ritorno alle urne. Anche Luigi Di Maio puntò il dito contro il Quirinale: “La scelta di Mattarella è incomprensibile. La verità è che non vogliono il M5S al governo, sono molto arrabbiato ma non finisce qui. Dovete sapere che oggi ci è stato impedito di fare il governo del cambiamento e non perché noi ci eravamo intestarditi su Savona ma perché tutti quelli come Savona non andavano bene… chi era stato critico su euro ed Europa non va bene come ministro”. Poi intervenendo telefonicamente a Che Tempo che fa arrivò a chiedere l’impeachment per Mattarella: “Io chiedo di parlamentarizzare questa crisi, utilizzando l’articolo 90 della Costituzione, per la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica. E chiedo alle altre forze politiche di appoggiarla”.

La farneticante storia si ripete. Il governo M5S-Lega si fece, Savona andò ad occupare una poltrona ministeriale meno imbarazzante e la minaccia di impeachment non so se suscitò più orrore, pena o umorismo. Ora tocca alla Lega raccogliere il testimone della “stupidità politica”. Questa staffetta antidemocratica e questo obiettivo collegamento storico aggiungono seri dubbi alla serietà del movimento cinque stelle e del suo coinvolgimento in un governo diverso dal precedente. Sì, perché quel signore, che un anno fa voleva mettere in stato d’accusa Sergio Mattarella, ricopre oggi nientepopodimeno che la carica di ministro degli Esteri.  Meglio lasciar perdere, perché più ci penso e più trovo ragioni di scetticismo verso il governo Conte 2.  Per dirla con una ardita parafrasi di Giuseppe Giusti e del suo Sant’Ambrogio, “qui, se non fuggo, abbraccio Calenda e Richetti, col loro bravo liberismo centrista, piantato lì come moderato riformismo”. Dio mio, come rischio di finire…, liberale, schiacciato nella morsa tra leghismo e grillismo. E la sinistra? Rimandata al prossimo secolo!