Il fascino indiscreto del cinismo politico

Oltre un anno fa, quando, dopo le elezioni, in alternativa alla paradossale alleanza pentaleghista, si ventilava l’ipotesi di un altrettanta strano accordo tra M5S e PD, Matteo Renzi, a dispetto del possibilismo emergente da un mandato esplorativo affidato da Sergio Mattarella al neo presidente della Camera Roberto Fico, in contro tendenza rispetto al pragmatico atteggiamento del suo partito, si mise di traverso con la sua nutrita pattuglia di parlamentari, che rispondono assurdamente più a lui che all’elettorato di provenienza ed al partito di appartenenza, al fine di stroncare sul nascere l’ignobile connubio. Non se ne fece nulla e nacque con un travagliato parto il governo giallo-verde: una creatura fragile, che non è riuscita ad irrobustirsi nel tempo in base alla terapia fissata in un protocollo contrattuale, ma è rapidamente e prevedibilmente deperita fino a raggiungere un coma irreversibile.

Matteo Renzi aveva mille ragioni per osteggiare quella nascita e ha proseguito nel tempo una battaglia senza esclusione di colpi con il governo presieduto da Giuseppe Conte, ma soprattutto contro i grillini, che dal canto loro non gli hanno certo risparmiato attacchi anche sul piano personale. Al recente congresso del partito democratico mentre, se non erro, Nicola Zingaretti veniva considerato un possibilista per il dialogo eventuale futuro col M5S, Renzi continuava ad escludere una simile evenienza da tutti i punti di vista.

Poi, come noto, l’altro Matteo, il capitano coraggioso dell’armata leghista, si è stufato di trattare con l’alleato di governo, ha fiutato l’odore di trionfo elettorale, ha inteso passare precipitosamente alla cassa per incassare il crescente consenso dei sondaggi, ha fatto saltare il banco governativo. A quel punto il Matteo piddino (?) ha colto la palla al balzo e, sfruttando la ghiotta occasione di debolezza grillina, ha fatto una capriola, un vero e proprio salto mortale, proponendo un governo di scopo tra PD e M5S, al fine di evitare l’aumento dell’Iva e superare le varie emergenze con un patto a breve termine. Non ho ancora capito se la mossa renziana fosse dovuta a mero tentativo di recuperare un protagonismo governativo, essenziale al galleggiamento dell’ex premier vedovo della ribalta chigiana, al timore delle elezioni anticipate e della perdita di peso parlamentare, a subdolo calcolo di bruciare anticipatamente una prospettiva politica imbarazzante ed emarginante, alla volontà di creare scompiglio alla nuova segreteria PD ed a creare ulteriori divisioni interne nella prospettiva della formazione di un nuovo partito.

Fatto sta che le parti in commedia si sono rovesciate: Renzi favorevole ad un accordo coi grillini, Zingaretti piuttosto perplesso. Con questo clima paradossale in casa democratica si sono aperte le consultazioni ed ha preso corpo la trattativa vera e propria per costituire un governo ben più assestato e proiettato di quello vagheggiato da Renzi, con Zingaretti e tutto il partito impegnati nella quadratura del cerchio pentapiddino, con il toscanaggio, logorroico e imprevedibile, messosi immediatamente in disparte per gufare, per fare il Ghino di Tacco ed essere pronto a condizionare o addirittura taglieggiare ed abbattere l’eventuale futura maggioranza giallo-rossa.

Ho una certa considerazione per le capacità di questo personaggio tanto amato e odiato: è la situazione tipica di chi sa suscitare entusiasmi e contrarietà, mettendo clamorosamente in mostra pregi e difetti in un pericoloso mix prendere o lasciare. Ho seguito con interesse e plauso la sua intensa azione governativa, messa a repentaglio da un esasperato personalismo, da una esagerata smania di egemonia e da una frettolosa voglia di spadroneggiare la situazione. Senza la poltrona di palazzo Chigi sotto il sedere, Renzi ha dovuto ripiegare sul tatticismo più cinico, passando spregiudicatamente di palo in frasca alla ricerca di rivincita. Un atteggiamento che farebbe impallidire persino Giulio Andreotti.

Farà un nuovo partito? L’attuale assetto dirigenziale e politico del partito democratico non mi entusiasma, anzi mi trova assai perplesso: ucci ucci sento odor di comunistucci. So che in area cattolica si sta muovendo qualcosa di alternativo o di diverso rispetto al PD. Il cantiere della sinistra è purtroppo sempre aperto e sempre chiuso. Non sono comunque disposto a dare credito alle smanie renziane, si chiamino scissione, si chiamino manovre del centro moderato, si chiamino riscossa ideologica contro la burocrazia tardo comunista. Ne ho viste tante in politica, ma non sono ancora disposto a comprare nella bottega dell’apparente miglior offerente. Voglio esaminare attentamente la merce in vendita. Qualcuno mi dirà: è la politica, stupido! Preferisco essere e rimanere stupido!