Un bel rigurgito di dignità

Ha vuotato il sacco. Sì, Giuseppe Conte ha chiuso il conto aperto con Matteo Salvini: in questo anno di governo ha prese parecchie botte, ma si è tolto la soddisfazione di dirgliene molte nei denti. Non gli ha risparmiato nessuna accusa dal punto di vista istituzionale, politico, etico, culturale e personale. Non c’è dubbio, tutte cose sacrosante! Viene spontaneo domandarsi: ma come hanno fatto a convivere? quanta pazienza ha dovuto portare Conte? perché non si è sfogato prima? Probabilmente è come nei matrimoni: quando la convivenza raggiunge il massimo dell’intolleranza reciproca, saltano fuori tutte le magagne, che nel tempo erano rimaste coperte.

Il commento dell’opposizione è stato: troppo tardi! Io mi accontento: meglio tardi che mai…Intendiamoci bene: il disastroso bilancio del governo pentastellato non è ascrivibile sbrigativamente soltanto ai comportamenti leghisti e salviniani in particolare. La stringente requisitoria di Conte ha tuttavia il merito di avere scoperto l’altarino (sic!) del pericolo fascistoide: si è tolto e in parte ci ha tolto la serpe dal seno. Grazie di avere finalmente parlato chiaro. Un bel canto del cigno, anche se il cigno nella seconda parte del suo canto ha difeso (troppo) il proprio operato (non si poteva pretendere che facesse una clamorosa autocritica), ma ha soprattutto lasciato intendere di essere disponibile a continuare il lavoro (magari allestendo frettolosamente un nuovo cantiere). Qui viene il difficile al limite dell’impossibile.

Voglio per un attimo restare su Giuseppe Conte: esce a testa alta, con l’onore delle armi, da galantuomo, riconosciuto come tale dal Presidente della Repubblica che non lo ha mai lasciato solo, dall’Europa che ne ha capito la buona fede e la sincera volontà di agire per il bene dell’Italia senza mancare di riguardo e di rispetto ai partner ed agli equilibri della Ue, dai cittadini che, al di là di tutto, ne hanno apprezzato il garbo, la correttezza e la serietà. In fin dei conti nessuno ha sparato sul pianista e lui ha interrotto sua sponte la musica che stava diventando inascoltabile. Lo stimo sincero e gli credo quando ammette di avere imparato molte cose e di avere compiuto parecchi errori, pur rivendicando la quantità e qualità del lavoro svolto. Non ha risparmiato critiche anche al M5S di cui è diventato il rappresentante accettabile e dialogante (Grillo permettendo). Non ha dato agli amici pentastellati soltanto qualche pizzicotto, come qualche commentatore ha superficialmente osservato, a fronte dei pugni in faccia assestati a Salvini. Ha fatto due dure critiche di fondo ai grillini: al loro modo di intendere e fare politica quasi esclusivamente sui social media e alla loro scarsa sensibilità istituzionale.

Non penso che tutto possa essere ricondotto ad una manfrina per riciclarsi e magari ricandidarsi a premier o a qualche altra carica importante: esce comunque abbastanza bene dalla scena a prescindere dal fatto che possa continuare o meno a recitare. Staremo a vedere. Devo ammettere di averlo sottovalutato come uomo e come politico, di averlo spesso considerato un burattino sballottato fra le mani di presuntuosi burattinai. Il burattino si è rivelato un uomo in carne ed ossa, con una sua precisa dignità. Un dato positivo, un piccolo spiraglio di luce che spunta e che potrebbe, tutto sommato, aiutarci a guardare avanti.