Giochiamo a salvinopoli

Il quotidiano La stampa ha proposto su internet un intelligente giochino ai propri lettori, sottoponendo a loro un simpatico, provocatorio e impegnativo quiz: “Perché secondo te Salvini ha innescato ora la crisi di governo?”. Domanda interessante, che costringe a guardare alla politica col disincantato e dovuto interesse.

Le opzioni sono tre. Ecco la prima: “Perché a settembre avrebbe dovuto trovare decine di miliardi per finanziare i provvedimenti del governo”. Poi arriva la seconda: “Perché ora vuole capitalizzare il consenso facendo fuori gli alleati”. Ed ecco la terza: “Perché è impossibile governare con un alleato che dice sempre di no e ti attacca tutti i giorni”.

Sono partito con l’intenzione di rispondere anche per premiare un’iniziativa estemporanea volta a costringere i lettori a pensare e a riempire i social di pensieri, evitando di vomitare solo cazzate a schermo aperto.  Ho ragionato a lungo, compiacendomi dell’acutezza delle risposte indicate, che riescono a riassumere sinteticamente i connotati di una sciagurata esperienza di governo.

Non sono tuttavia riuscito a rispondere per due motivi. Innanzitutto con ogni probabilità tutti tre i motivi delineati sono ragionevoli e si mescolano in un polpettone tattico con cui è finito il pranzo di nozze del cambiamento, che ha dovuto fare i conti coi fichi secchi pentaleghisti.

Però il vero motivo per cui non sono riuscito a formulare una mia risposta è un altro e ben più drammatico: secondo me Matteo Salvini non lo sa nemmeno lui perché ha precipitato la crisi di governo. Ha agito d’impulso, ha fiutato l’aria, ha colto l’occasione, ha fatto politica alla sua maniera. È entrato nel bar e ha sputato il rospo: “Basta amici, mi sono rotto il cazzo, andiamo a votare e non se ne parli più…”.

Naturalmente pensa che i suoi ammiratori siano d’accordo, che continuino ad aumentare di numero, che lo seguano e soprattutto lo votino. “Scommettiamo che prendo la maggioranza e poi faccio quello che voglio?” ha aggiunto in cuor suo fra gli entusiasmi degli ipotetici astanti. Al suo posto non sarei così sicuro, perché i giochi sono belli quando sono corti e il suo sta diventando piuttosto lungo. Quando Berlusconi decise di formare un partito politico e di presentarsi agli elettori, proponendo tre o quattro cazzate ben formulate, gli esperti gli dissero che avrebbe avuto successo, ma che dopo qualche mese la gente si sarebbe svegliata e gli avrebbe chiesto conto. Successe così, il suo primo governo andò in crisi, ma lui, purtroppo per noi, seppe rinnovare le cazzate e la fola durò per vent’anni.

C’è da augurarsi che non succeda così anche con Salvini. Faccio io un contro giochino ai miei pochi ma affezionati lettori: “Secondo te Salvini durerà?”. Tre opzioni. La prima: “Sì, perché la gente sente da lui quel che vorrebbe sentirsi dire”. La seconda: “No, perché la gente, nonostante tutto, prima o poi, ragiona e capisce l’inganno”. La terza: “Non lo so, perché nel gran casino che si è creato c’è da perdere la testa”. Forse io sceglierei la terza opzione.