Bullismo ad oltranza

Non è bastato: dopo tre anni di lavori socialmente utili, hanno ripreso il loro bullismo sui social, postando offese a coloro che avevano scoperto e punito il loro comportamento indescrivibile ai danni di un coetaneo. Non è stato sufficiente un tentativo di rieducazione per portare questi ragazzi a più miti consigli.

Il fenomeno del bullismo sta diventando sempre più serio ed inquietante: è lo sfogo adolescenziale della immotivata cattiveria umana, è la premessa della più ragionata e matura delinquenza. Bene hanno fatto i giudici a condannarli duramente (?) ad un periodo di lavoro riparatorio. Clamorosa la loro immediata ed insulsa ricaduta. Verrebbe spontaneo aprire a questi soggetti le porte di una cella di rigore, ma sarebbe una resa umana e sociale nella giusta battaglia di recupero della devianza giovanile.

La missione dell’educatore, a tutti i livelli ed in tutte le situazioni, deve essere paziente: da una parte urge l’esigenza di raddrizzare la pianta intanto che è piccola, dall’altra occorre tempo per ricomporre un quadro ancora in problematica e difficile formazione. Qualcuno teorizza il pugno duro, altri privilegiano la comprensione e il dialogo. Non esistono ricette universalmente e immediatamente valide.

L’unico controveleno è l’impegno coordinato e continuativo di tutte le agenzie educative, dalla famiglia alla scuola, dalla parrocchia ai centri di aggregazione. Questi essenziali punti di riferimento sono venuti meno: la famiglia vive un duro periodo di crisi, la scuola ha perso il suo ruolo, i due orbi litigano fra di loro e si condannano alla cecità; la secolarizzazione ha spazzato via l’appeal dell’educazione religiosa mentre i centri sociali emergenti sono palestre di violenza e di devianza. Nel bailamme educativo prolificano le malattie psicologiche e sociali e gli sfogatoi del bullismo e del tifo calcistico.

Non voglio riferirmi all’equivoco e anacronistico slogan “Dio, patria e famiglia”, ma qualche valore a questi ragazzi bisognerà metterlo in testa. Per trasmettere credibilmente valori positivi è necessario possederli e soprattutto viverli. I cattivi esempi la società li ha sempre scodellati, non è questa la novità peggiore; è venuto a mancare quel tessuto relazionale virtuoso di base entro cui si cresce e si matura.

Ho ascoltato in questi giorni un’intervista al grande giornalista Ferruccio De Bortoli, il quale a proposito della sua educazione e della sua passione per il giornalismo ha fatto riferimento alle sue umili origini famigliari, costituite da genitori che col loro lavoro gli hanno consentito di studiare. Ma che mi ha particolarmente colpito è stato il ricordo di una persona a cui la famiglia aveva subaffittato una stanza per riuscire a pagare il canone piuttosto pesante: lavorava alla Mondadori e portava al giovane Ferruccio tutti i giornali della casa editrice. Nacque anche così la sua voglia di scrivere. Cose semplici di cui dovrebbe essere impastata la nostra vita a che dovrebbero costituire il mix educativo vincente.