E il verbo si fece Salvini

L’ennesima piccola emergenza in mare (42 profughi salvati in mare dalla nave sea-watch e da 14 giorni alla disperata ricerca di un attracco) ha scatenato la celoduristica (non) politica salviniana dell’immigrazione fatta di bracci di ferro con le Ong, con l’Ue, financo con la Chiesa cattolica; pur essendo elaborata, meglio dire improvvisata, e affrontata in modo spannometrico e fasullo, pur mettendo strumentalmente al centro una  questione che distrae il Paese dai suoi veri problemi economico-sociali, è purtroppo largamente maggioritaria a livello di partiti e a livello di opinione pubblica. È inutile nascondersi che i crescenti successi elettorali della Lega sono prevalentemente da ricondurre alla linea dura contro gli immigrati, che, al di là delle episodiche commozioni fotografiche, dà l’illusione di sicurezza alla faccia dei poveri del mondo. Mi vergogno di essere italiano, ma devo prendere atto che la maggioranza dei miei concittadini sono testardamente e irrazionalmente preoccupati di difendere il proprio cantuccio, ributtando in mare chi osa chiedere una mano. Questa è la realtà, altro il discorso di capire perché la gente non veda più lontano del proprio naso e di provare a farla ragionare con proposte pragmatiche ed equilibrate. Gara dura, ma doverosa per chi ha responsabilità politiche e vuole distinguersi dalla sempre più avvolgente deriva salviniana.

Se la gente ama sentirsi sbattere in faccia il verbo leghista, vediamo come la pensano gli altri partiti. Il M5S, nonostante permanga chi si intestardisce a intravedervi in filigrana una vocazione di sinistra, è sostanzialmente appiattito sulle posizioni leghiste: il suo dramma è infatti quello di provare a distinguersi dal partner di governo senza riuscirvi e finendo col fare la figura del partito-servo sciocco che perde voti a raffica. Non è questione di etichette e schemi partitici superati (?), è questione di idee e di linee politiche su cui i grillini viaggiano spudoratamente a rimorchio. Devono solo sperare che Salvini interrompa lo stillicidio che li vede soccombenti, infatti questa interruzione dell’ignobile connubio non finirà per la loro resipiscenza, ma per la scelta opportunistica leghista dell’usa e getta. Penso che alla fine rimarranno con un pugno di voti in mano, dopo aver perso la faccia e riconsegnando gli elettori delusi ad estremismi e qualunquismi sterili e pericolosi.

E gli altri partiti del cosiddetto centro-destra? Se esistono (più passa il tempo e più c’è da chiederselo), non riescono più a distinguersi, presi dalla smania di sopravvivere rimettendosi frettolosamente insieme in una coalizione che li vede marginalizzati e soccombenti.  I Fratelli d’Italia, con la loro vergognosa leader, soffiano sul fuoco leghista sperando di carpirne qualche scintilla. I forzitalioti di risulta sono nella diaspora, sballottati tra i nostalgici rigurgiti berlusconiani e i nuovisti corsi totiani. Berlusconi sta finendo in modo assai meno dignitoso rispetto alla triste previsione contenuta nel film di Sorrentino: consegnarsi al duo costituito da Giovanni Toti e Mara Carfagna è veramente una fine ingloriosa.  Mentre sul discorso economico e dei rapporti con l’Unione Europea riescono a distinguersi rispetto agli strafalcioni di Salvini, con la riserva mentale di liberarlo dall’abbraccio pentastellato, sulla politica dell’immigrazione balbettano qualcosa e sembrano ruminare ancor più che rimuginare le squallide invettive leghiste.

E il PD? Preso e condizionato dalle sue interne conflittualità, non riesce a coniugare il rispetto dei valori di accoglienza e solidarietà con la necessità di governare politicamente il fenomeno migratorio. Ha provato nella scorsa legislatura Marco Minniti, senza avere il tempo e gli appoggi opportuni per affrontare una materia così incandescente.  Manca al partito democratico la capacità di affrontare le sfide dei giorni nostri: quindi da una parte tende a rifugiarsi nell’anacronistico continuismo della sinistra classica, dall’altra a cedere alle nostalgie centriste. In mezzo a questo guado potrebbe essere utile la laica riscoperta dell’ispirazione cristiana: una iniezione valoriale e progettuale per irrobustire la gracile costituzione di un partito frettolosamente costituito, opportunisticamente gestito, forzosamente relegato in uno stand by che sembra non aver mai fine.

Per concludere sul discorso migratorio, bisogna ammettere che assomiglia molto alla questione del sesso degli angeli: si discute e si sparla, mentre gli immigrati sono vittime dello scaricabarile internazionale, interno, sociale e politico. Mia madre, nella sua spiccata e profonda semplicità, si chiedeva se per gli immigrati non fosse il caso di rimanere a casa loro. Io rispondevo che la loro disperazione non lo permetteva e lei ribatteva che forse sarebbe stato meglio morire in patria piuttosto che fare la fine “d’i rosp al sasädi”.