La casta magistratura

Ogniqualvolta scoppia un caso o si crea un corto circuito politico-istituzionale vado subito a ripassarmi il testo della Costituzione e trovo immediatamente la giusta soluzione del problema: o i costituenti erano marziani che avevano la risposta preventiva a tutto o erano uomini politici con una visione molto lunga, con una coscienza cristallina e una competenza incredibile. Esattamente il contrario rispetto agli attuali protagonisti della vita politica italiana.

Al di là degli aspetti giudiziari, in questi giorni è venuta a galla la difficile e confusa realtà dei rapporti tra politica e magistratura la cui sede istituzionale dovrebbe essere situata nel Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo di autogoverno composto da tre membri di diritto, il Presidente della Repubblica, il primo presidente e il procuratore generale della Corte suprema di cassazione e da altri componenti  eletti per i 2/3 da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti a tutte le componenti della magistratura e per 1/3 dal Parlamento  riunito in seduta comune tra i professori universitari in materie giuridiche e avvocati che esercitano la professione da almeno quindici anni. Delineando questa composizione, che garantisce esperienza. competenza e professionalità, i costituenti vollero impedire che l’autonomia e l’indipendenza della magistratura si trasformasse nella creazione di una specie di casta separata da tutti i poteri dello Stato e gelosa dei suoi privilegi.

Il pericolo di una certa impropria e deleteria commistione tra politica e magistratura non è però definitivamente scongiurato dal dettato costituzionale, perché, anche quando le regole sono buone, la loro applicazione è giocoforza lasciata agli uomini con tutti i loro limiti e difetti. Come scongiurare infatti il pericolo che la magistratura inquirente possa usare le inchieste giudiziarie per condizionare e interferire nel giudizio dei cittadini sui politici? Certe iniziative adottate in certi periodi sembrano fatte apposta per orientare o disorientare gli elettori. Come garantire ai giudici il sacrosanto diritto di avere le proprie idee politiche senza che queste vengano espresse in modo inappropriato e soprattutto senza che condizionino il corso della giustizia e le sentenze relative? La partecipazione di certi magistrati al dibattito politico, a volte, sembra essere esagerata e tale da creare il rischio indiretto di pregiudizi verso le persone sottoposte a inchiesta e a processi.

Ancor più delicato e complesso è il problema delle nomine effettuate dal CSM con logiche spartitorie o in ossequio a strani accordi dove la politica messa alla porta spunta dalla finestra. Il metodo elettorale non è fissato dalla Costituzione, che si limita a definire i rapporti di forza all’interno dell’organo di autogoverno della magistratura, ed è in discussione: troppo invadenti le logiche manovriere delle correnti, poca trasparenza, molta predisposizione all’inciucio, etc. Esiste il rischio che la politica entri nel CSM dall’ingresso principale con i componenti eletti dal Parlamento, ma anche da un ingresso secondario al fine di esercitare una prassi pattizia consistente in uno scambio di favori tra toghe e politica.

Gli scandali incrinano la fiducia dei cittadini nei magistrati e giustamente il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, chiede di voltare pagina alla svelta, dopo che alcuni componenti del CSM sembra siano stati trovati con le dita nella marmellata (si sono dimessi con un atto di responsabilità che va accolto come tale e non come ammissione di colpa). Non so se basti tornare al dettato costituzionale ed allo spirito di autonomia e indipendenza temperato da una presenza laica anti-casta oppure occorra aggiungere metodi elettorali più chiari e corretti (qualcuno arriva ad ipotizzare il sorteggio: le solite sciocchezze dell’antipolitica). Il discorso è importantissimo e richiede a tutti il massimo della serietà. Sergio Mattarella ha inteso sostituire i dimissionari con elezioni suppletive da tenere il 6 e 7 ottobre, riportando l’attuale consiglio nel pieno della sua funzionalità. Poi il Parlamento potrà lavorare per cambiare le regole per le prossime tornate del CSM.

Un punto molto delicato riguarda le azioni disciplinari nei confronti delle toghe protagoniste di vicende scorrette: si ha l’impressione che il tutto venga corporativamente alleggerito e quindi che i giudici se la possano fare alta e bassa a loro piacimento. Facciano di tutto perché non sia così, altrimenti andiamo tutti a casa e non se ne parla più.