La sindrome di Cincinnato

Ho seguito con molta attenzione e senza alcuna prevenzione l’insolita conferenza stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, volta a fare, davanti all’opinione pubblica, il punto della situazione del governo italiano all’indomani delle elezioni europee, alla luce dei problemi sempre più gravi e dei programmi sempre meno adeguati, all’ombra dei contrasti politici fra i partner sempre più eclatanti e condizionanti.

Ho apprezzato il tono serio e garbato in mezzo a tanto ciarpame ministeriale e parlamentare. In molti si sono chiesti se non fosse scorretto dribblare le Camere per presentarsi davanti alle telecamere. Il piccolo sgarbo istituzionale forse aveva uno scopo benefico: fare una pausa per spiegare a tutti le sue intenzioni passate, presenti e future, con chiarezza e senza reticenze. Quasi in contemporanea con questa sua uscita, papa Francesco, pur ammettendo di non capire niente della politica italiana (forse non è un difetto, ma un pregio), ha definito Giuseppe Conte come una persona seria, competente e impegnata. Penso che innanzitutto il premier abbia proprio voluto accreditare questa sua immagine, offuscata in mezzo al bailamme politico in cui è costretto ad operare. Qualcuno, sulla base dei finali e sentiti ringraziamenti rivolti da Conte al Presidente della Repubblica, ha voluto vedere la longa manus del Quirinale in questa iniziativa di chiarimento: sono da sempre convinto che Sergio Mattarella tenga un atteggiamento corretto e collaborativo nei confronti dell’inquilino di Palazzo Chigi e non mi scandalizzerei affatto se fra i due esistesse una fitta frequentazione volta soprattutto a elaborare una tattica dialogante e costruttiva nei confronti dell’Unione europea.

Le finalità del pronunciamento del premier sono apparse chiare, tali da non lasciare spazio alle solite dietrologie: mi avete chiamato in causa un anno fa, ho dato la mia imparziale disponibilità a guidare un governo nato sulla base di un contratto tutto da rispettare ed applicare, ho lavorato con la massima apertura al contributo dei partner di governo, dei ministri e dei parlamentari di maggioranza, ho condiviso e interpretato l’ansia di rinnovamento e di cambiamento espressa dagli elettori, sono consapevole delle difficoltà e dei rischi che corre il Paese e quindi chiedo collaborazione per poter proseguire il mio lavoro. Una sana provocazione fatta in punta di forchetta in mezzo alle scorpacciate elettoralistiche ed ai conseguenti rutti dell’esaltazione e alle diete della purificazione.

A volte quando si vuol fare chiarezza a tutti i costi, mettendo impietosamente le carte in tavola, si è perfettamente consapevoli delle reazioni negative che ne conseguiranno: in parole povere ci si vuol far dire un “no” dietro cui ognuno si prenda le sue responsabilità. Siamo arrivati a questo punto del prendere o lasciare. La ragionevolezza contro l’irrequietezza, il buon senso contro la dissennatezza, la democrazia contro la demagogia. La marionetta ha tagliato i fili e ha licenziato su due piedi i burattinai. Era ora. Non so cosa succederà, ma comunque Giuseppe Conte ha recuperato un po’ di credibilità e ha fatto un bel passo avanti. Staremo a vedere se per proseguire alacremente il cammino o per andare dignitosamente a casa.