Il neofascismo è fuori dal minimo etico

Quante polemiche per una casa editrice di simpatie chiaramente fasciste! Al Salone del libro di Torino, prima l’avevano confinata in un angolo e poi finalmente l’hanno esclusa. Mi ha sinceramente stupito il coro di snobistiche difese della libertà di pensiero e di cultura. Ma quale pensiero, quale cultura? Il fascismo è fascismo e non si può transigere.

Qualcuno ha sostenuto che non esisterebbero leggi sulla base delle quali operare queste censure. Cerchiamo di essere seri e chiari: c’è la Costituzione italiana e c’è il reato di apologia di fascismo. Basta e avanza! Non facciamo i fini dicitori: su questo terreno non si può scherzare. Cerchiamo semmai di applicare le leggi. Come si permette questo CasaPound, movimento e/o partito di matrice neofascista, di imbrattare la nostra democrazia? Come si permette un ministro della Repubblica italiana, che ha giurato di osservare lealmente la Costituzione, di pubblicare un libro con la Casa editrice Altaforte, il cui responsabile è un attivista del partito neofascista romano? C’è qualcosa che tocca! Esistono incompatibilità culturali, etiche e politiche.

I più furbi hanno detto e scritto che era meglio abbozzare e lasciare che Altaforte partecipasse al Salone del libro: la polemica avrebbe favorito questa casa editrice, facendole pubblicità. Questi calcoli tartufeschi mi fanno arrabbiare: la vogliamo smettere di scherzare col fuoco?

I più acculturati hanno rispolverato persino la teoria degli opposti estremismi: se censuriamo le brigate nere, dobbiamo censurare anche le rosse (si fa probabilmente riferimento ai centri sociali). Se consideriamo il metodo violento applicato alla prassi politica, sono perfettamente d’accordo a censurarlo ovunque. Se passiamo a discorsi ideologici, la sostanza cambia di molto. Vedo braccia tese nel saluto romano, ascolto ragionamenti e messaggi di stampo fascista. “Ucci, ucci, sento odor di fascistucci”. L’ho scritto qualche mese fa e lo ripeto convintamente.

Come Galilei non ha mai scritto: «Eppur si muove» e in nessun luogo delle opere di Machiavelli si trova: «Il fine giustifica i mezzi», allo stesso modo, alcuni sostengono, che Voltaire non abbia mai scritto né detto «Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire». Non so e non mi interessa più di tanto. Una cosa è certa: “l’idea di tolleranza non può che partire da un “minimo etico” e non può non essere che reciproca, ma non può ammettere nell’interlocutore idee di sterminio o altri abomini, che pertanto nessuno, e per giunta a sacrificio della propria vita, può consentire di dire ad alcuno. Se infatti si deve essere tolleranti coi tolleranti, viceversa non si può essere che intolleranti con gli intolleranti” (cfr. La Frusta letteraria di Alfio Squillaci).

Poi arrivano i furbetti a sostenere che l’antifascismo di maniera sia il più bel regalo che si possa fare a chi cova assurdi rimpianti e nostalgie. «Non mi curo di certe sottigliezze dogmatiche perché mi importa solo una cosa: che Dio sia antifascista!»: così diceva don Andrea Gallo. Mi permetto di parafrasarlo aggiungendo: «Non mi curo di certe sottigliezze culturali perché mi importa solo una cosa: che lo Stato italiano sia antifascista».