La guerra riscaldata

Dopo la seconda guerra mondiale, per circa mezzo secolo, abbiamo vissuto la tensione della cosiddetta “guerra fredda”, un equilibrio basato sulla contrapposizione politica, ideologica e militare tra la democrazia capitalista da una parte, guidata dagli Usa, e il totalitarismo comunista dall’altra, egemonizzato e dominato dall’Unione Sovietica. La fine dell’impero sovietico, emblematicamente raffigurata nel crollo del muro di Berlino, la riunificazione della Germania, la problematica costruzione dell’Unione Europea, l’emergere di Paesi in via di forte ma confuso sviluppo (Cina soprattutto), la sempre più drastica contrapposizione fra Paesi ricchi e Paesi poveri, la debole funzione dell’Onu, hanno ridimensionato e scompigliato le speranze e le attese di un mondo pacificato.

Se la guerra fredda aveva scongiurato le eruzioni vulcaniche, il dopo guerra fredda si è sfogato nei geyser di quella che papa Francesco definisce la terza guerra mondiale combattuta a pezzi. Temo che il Venezuela possa diventare l’ennesimo focolaio bellico in una risorgente contrapposizione strumentale tra Usa e Russia, in vena di tardive ma sempre attuali spinte imperialistiche. Da quello che ho potuto ascoltare e leggere mi pare che ad una delle ultime e classiche dittature comuniste o giù di lì, si contrapponga una velleitaria e improvvisata rivoluzione democratica, con la pronta scesa in campo, per ora solamente diplomatica, delle due super-potenze: la Russia di Putin dalla parte dell’indifendibile regime di Maduro,  gli Usa di Trump a sostegno della inconcludente rivolta innescata da Guaidó, paladini entrambi assai poco credibili sul piano ideologico e molto motivati dal punto di vista economico e tattico.

L’Europa gioca un ruolo di puro e peraltro tentennante contorno. L’Italia…lasciamo perdere.  Il popolo venezuelano sembra diviso, ma prevalentemente orientato al cambiamento di regime. Le forze armate sembrano invece prevalentemente schierate in difesa dello status quo, vale a dire dalla parte di Maduro. Le schermaglie diplomatiche russo-americane si stanno complicando e non resta che sperare nella paradossale amicizia tra Putin e Trump, così diversi ma così somiglianti nel loro delirio di onnipotenza e nel loro machismo tattico. Siamo ridotti male.

Nel 1945 George Orwell, riflettendo sulla bomba atomica, preconizzava uno scenario in cui le due grandi potenze, non potendo affrontarsi direttamente (per il rischio di distruzione mutua assicurata), avrebbero finito per dominare e opprimere tutti gli altri. Andò, più o meno, così. Oggi il quadro è più complesso, ma, stringi-stringi, il discorso non è molto cambiato. L’Onu non conta un cavolo e i venezuelani berranno da botte una soluzione pasticciata concordata tra due squallidi personaggi più stupidi che potenti.

Non ricordo l’autore, ma, l’indomani del crollo del muro di Berlino, apparve una vignetta in cui, con una amara e semplicistica visione, si passava drammaticamente dal filo spinato alle siringhe della droga, dalla padella alla brace. Oggi, alla luce degli avvenimenti venezuelani, e non solo, potremmo dire: dalla guerra fredda alla guerra riscaldata. Tra gli Usa impelagati in un capitalismo isolazionista, ottuso e spietato e la Russia impostata come una grande piovra mafiosa, emerge la Cina quale peggior sintesi tra capitalismo e comunismo. L’Europa traccheggia e boccheggia. In mezzo tutti gli altri. Adesso è la volta del Venezuela.