I reparti ospedalieri di concorsologia e raccomandologia

Virginia Raggi, la chiacchieratissima sindaca di Roma, risponde ai suoi detrattori più o meno giustizialisti della Lega e del PD, invitandoli a guardare in casa propria ed ai propri indagati. Non ha tutti i torti. Per quanto mi riguarda, ieri ho sbirciato in Lega (leggi vicenda Siri) oggi guarderò al PD ed ai suoi guai in quel dell’Umbria, prendendomi però la libertà di partire da lontano.

La politica (e non solo la politica) è sempre stata coinvolta nel sistema delle cosiddette “raccomandazioni”: un miscuglio di aiuti richiesti e ottenuti da persone alla ricerca di un posto o di una carriera di lavoro, di segnalazioni operate a favore di persone moralmente affidabili e professionalmente preparate, di scambi clientelari tra “favori occupazionali” e “consensi elettorali”, di vera e propria metodica del “voto di scambio”. Un tempo la politica presupponeva questi modi di agire, la gente li richiedeva o addirittura li pretendeva, la magistratura li tollerava, tutti sapevano e accettavano questo andazzo, col tempo criminalizzato e trasformato in “raccomandopoli” e/o “concorsopoli”. Sull’analogo sistema delle tangenti Bettino Craxi si difese in Parlamento sostenendo che si trattava di una prassi generale e consolidata di finanziamento a copertura dei costi della politica. Sul discorso delle raccomandazioni si potrebbe pensare che sia stato e sia una deformata e deformante idea dei rapporti tra elettore ed eletto. La magistratura dopo anni di tolleranza è partita con l’accetta e forse prende anche lucciole per lanterne, nel senso di criminalizzare ante litteram comportamenti opachi, ma spesso non inquadrabili in veri e propri reati.

Gli ospedali sono sempre stati il paradossale luogo di favoritismi, di comportamenti spregiudicati, di assunzioni facili, di promozioni clientelari e roba del genere: proprio in un campo dove dovrebbe prevalere la correttezza e la professionalità a difesa degli interessi dei malati, si è sempre scatenato il finimondo di una prassi scorretta. Sembra sia successo anche in Umbria, dove a Perugia si parla addirittura di “cupola e dove, stando al direttore generale dell’azienda ospedaliera Emilio Duca, “la gestione ospedaliera avrebbe subito sistematicamente le sollecitazioni dei massimi vertici della regione a tutti i livelli, ecclesiastici, politici, tecnici, con massoneria, Curia e Giunta ad interessarsi ‘troppo’ di gastroenterologia”. Le inchieste sono in corso e stanno sconvolgendo non solo la sanità umbra, ma anche parte della classe dirigente del Pd regionale al punto da indurre alle dimissioni la presidente Catiuscia Marini.

Andrei molto cauto: non vorrei che tutto finisse in una bolla di sapone o che fra quattro o cinque anni la Cassazione emettesse la sentenza del “fatto che non costituisce reato”. I media soffiano sul fuoco e non si capisce mai se siano spinti dalla giusta ansia di far emergere il marciume o siano solleticati dalla smania dello scoop a tutti i costi oppure dallo sputtanamento politico di Tizio, Caio e Sempronio. Qualcuno ipotizza un vero e proprio vaso di pandora da cui emergerebbero diffuse e gravi irregolarità tali da coinvolgere   molti ambienti e da scantonare in un vero e proprio sistema mafioso. Il consigliere regionale Liberati (M5S) afferma: “Mentre in Calabria ci sono i clan, in Umbria c’è allo stesso modo un meccanismo chiuso e autoreferenziale: entra soltanto chi è parte del sistema”. Accuse gravissime su cui la magistratura dovrà fare luce.

C’è anche il rischio della strumentalizzazione politica da parte di chi ha fatto del giustizialismo il leitmotiv della propria identità ed azione politica e c’è il rischio opposto di chi si nasconde dietro il garantismo. Tutto viene magari giocato sui sondaggi: l’effetto Zingaretti sembra infatti esaurirsi dopo lo scoppio di questo scandalo, i cinquestelle sorpassano nuovamente il Pd, che perde lo 0,6 per cento rispetto alla settimana precedente. La politica, sfruttando e subendo l’attacco giudiziale e mediatico, ha l’impazienza attiva e passiva dei tempi brevissimi, la magistratura, dopo avere scatenato le inchieste, ha la calma dei tempi lunghissimi. Considero comunque apprezzabile, sul piano etico e politico, il gesto della suddetta presidente Marini e mi auguro che non le succeda quanto capitato al suo quasi omonimo collega Marino, sindaco in quel di Roma (discolpato dopo quattro lunghi anni e dopo essere stato costretto a dimettersi).