Un tutore ortopedico per il governo

Non ho elementi probatori, ma sono convinto che circa un anno fa, quando il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel massimo ossequio alla disordinata ma prevalente volontà popolare emergente dalle urne, superando uno schema governativo da lui varato nelle penose more della discussione fra i partiti usciti vittoriosi dalla consultazione elettorale, insediò tra non poche polemiche il governo Conte a maggioranza pentaleghista, abbia stipulato una sorta di patto orale col premier incaricato: io ti conferisco l’incarico e sono disposto, nel rispetto della Costituzione e nei limiti dei poteri istituzionali, a collaborare, ma tu tienimi costantemente informato e sentiamoci sui problemi nodali interni e internazionali, anche perché il tuo governo avrà comunque una connotazione sperimentale ed un respiro difficile.

Giuseppe Conte avrà senz’altro accettato, salvo poi perdersi nei confusi meandri dell’azione di governo stiracchiata politicamente dai suoi vice-premier e caratterizzata da una sorta di dilettantesca spinta alle novità fini a loro stesse. Anche i due riferimenti quirinalizi all’interno della compagine ministeriale, vale a dire i ministri Tria (economia e finanze) e Moavero Milanesi (affari esteri), non hanno funzionato nella loro impossibile mission di garantire un percorso piano soprattutto nei rapporti con la Ue e conseguente rispetto dei parametri economico-finanziari e nei rapporti internazionali in genere.

Periodicamente quindi assistiamo a interventi di Mattarella aventi lo scopo di “tirare le orecchie” al governo, riportandolo dalla luna giallo-verde del populismo alla terra grigia della politica. In questi ultimi giorni il Capo dello stato ha sollevato tre questioni importantissime collegabili al metodo di governo border line, alle deboli iniziative nella crisi libica e all’invadenza verso Bankitalia.

Sui decreti in via di approvazione, riguardanti lo sblocco dei cantieri relativi alle opere pubblica e misure per la crescita economica del Paese, si è creata una situazione paradossale in cui sono stati varati dei provvedimenti “salvo intese”, per poi non raggiungere tali intese e tenere i decreti per giorni e giorni a bagnomaria durante interminabili e inconcludenti discussioni tra i due partner di governo in un tira e molla che viola, ai limiti della legalità, forma, procedura e contenuti. Se non ricordo male, lo strano vezzo di approvare in consiglio dei ministri delle scatole non vuote ma piene di intendimenti di massima, non è una novità di questo governo: ad una prassi discutibile hanno tuttavia aggiunto la lunghezza dei tempi e il clamore dei contrasti. Al punto da consigliare a Conte un ritorno formale a Palazzo Chigi dei decreti nella formulazione definitiva: una lezione di buon senso, di rispetto istituzionale e di efficienza governativa. Speriamo che Giuseppe Conte non abbia la presunzione messa continuamente in campo da troppi componenti del suo governo e capisca l’antifona da recitare con grande umiltà.

Nel corso dell’incontro tra Mattarella e Conte si è parlato e discusso anche di Libia e della situazione delicatissima e del pericolo che il conflitto si cristallizzi trasformandosi in cronica guerra civile con il connesso rischio di un grosso esodo umanitario che al suo interno comporterebbe il pericolo di infiltrazioni terroristiche.  Penso che Mattarella abbia cercato di scongiurare un’azione di governo retta sulla polemica con la Francia e sulle semplicistiche direttive del sigillo ai porti: si sta scherzando col fuoco e le strampalate e veementi dichiarazioni del ministro Salvini fanno veramente tremare le vene ai polsi. Una lezione di diplomazia.

In terzo luogo si dice siano stati affrontati i rapporti tra governo e Banca d’Italia al fine di ritrovare una linea collaborativa dopo mesi di scontri, polemiche e resistenze da parte della maggioranza gialloverde in particolare sulle nomine di altissimo livello nella nostra Banca Centrale. Una lezione di correttezza istituzionale.

Speriamo che la paziente opera presidenziale trovi gli opportuni riscontri e che gli urlatori governativi abbiano il buongusto di abbassare i toni, di ascoltare le lezioni, di imparare a governare: ne va degli interessi di tutti i cittadini, i quali tuttavia prima di votare dovrebbero anche pensare, perché non so fino a quando e fino a qual punto Mattarella riuscirà a cavarci le castagne dal fuoco. Speriamo bene…