I lega…cci della politica estera

È di dominio comune che la maggiore responsabilità dell’attuale gravissima situazione libica pesi sulle spalle della Francia in quanto, a suo tempo, il suo presidente Sarkozy volle, per motivi geopolitici esterni e per tattica pre-elettorale interna, forzare la caduta del regime di Gheddafi, trascinando un uno sciagurato e scombinato conflitto gli alleati occidentali. Le conseguenze sono purtroppo quelle che si vedono: la cruenta ingovernabilità del paese libico, socialmente diviso in tribù e politicamente combattuto fra due fazioni in lotta più o meno aperta. La Libia non è quindi un riferimento affidabile per l’Italia anche e soprattutto per quanto concerne la gestione del fenomeno migratorio.

Se mi è consentita una riflessione molto amara e fin troppo realistica, vorrei osservare come, prima di abbattere un regime (quello di Gheddafi nella fattispecie), sia necessario intravedere lucidamente il dopo e prepararlo accuratamente, altrimenti si peggiora la situazione pur grave che sia. Pensiamo se alla caduta del fascismo in Italia, i partiti e i movimenti protagonisti della Resistenza si fossero messi a guerreggiare fra di loro, scatenando una seconda guerra civile per conquistare pieni poteri. La democrazia non può essere calata dall’alto o dall’esterno limitandosi a far fuori il dittatore. Ci vuole ben altro! Ma torniamo all’oggi libico.

È inutile piangere sul latte versato, indipendentemente da chi l’abbia versato: risulta quindi a dir poco inopportuna l’insistenza con cui Matteo Salvini rinfaccia alla Francia gli errori commessi, lasciando addirittura intendere che ne stia commettendo altri, tenendo subdolamente e opportunisticamente mano ad Haftar nel suo attacco alla conquista del Paese. Innanzitutto, se non erro, ai tempi della guerra contro Gheddafi nel 2011, il governo retto da Berlusconi la bevve da botte (in bilico fra due tragicomiche amicizie del cavaliere con il cialtronesco dittatore libico e il supponente presidente francese) e in quel governo la Lega era ben presente e rappresentata (non si dica che era un’altra Lega, perché allora anche Macron può sostenere che quella di Sarkozy era un’altra Francia). Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità storiche senza giocare infantilmente a scaricabarile.

Poi viene o dovrebbe venire la serietà della politica a livello europeo: in questa sede bisogna sforzarsi di trovare una linea concordata, che superi gli interessi nazionali e lasci perdere le scaramucce tattiche. Occorre cioè guardare avanti e sforzarsi di elaborare una strategia comune. Non voglio essere spietato, ma la ministra degli esteri europea Federica Mogherini ha dimostrato ripetutamente di non essere in grado di imprimere una spinta positiva e coraggiosa alla presenza della Ue nei processi internazionali: a mio modesto avviso, in mezzo a tante buone intenzioni e a parecchie azioni valide, l’atto politico più errato di Matteo Renzi, da tutti i punti di vista, fu quello di designare appunto la Mogherini all’incarico di alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri; avesse “ripiegato” sul suo acerrimo nemico Massimo D’Alema, si sarebbe forse risparmiato una deleteria guerra intestina a livello PD e avrebbe collocato nella Commissione europea un uomo preparato, esperto e capace . Ma tant’è…

L’attuale governo italiano fa molta fatica a mettersi nella prospettiva faticosa ma imprescindibile di trovare una politica estera comune, frenato com’è dai lega…cci dei sovranisti nostrani. È impossibile stare con un piede dentro e uno fuori dalla Ue, oltre tutto in attesa che l’Europa con le elezioni del prossimo maggio faccia un passo indietro a livello federale, rinfacciandosi responsabilità, mentre in Libia sta succedendo di tutto e di più.

Esistono due tipi di realpolitik: quella miseramente appiattita sugli interessi nazionali e quella legata a discorsi demagogici e paralizzanti. Mentre la Francia è da sempre tentata dal primo schema, l’Italia leghista è impastoiata nel secondo. Così non ci si salta fuori. Il ping-pong di responsabilità non serve a nulla, anche perché l’Italia non ha la forza politica ed economica per portare avanti questo gioco. Facciamo un bagno di umiltà e proviamo a lavorare per trovare soluzioni pacifiche e costruttive per la Libia e non solo per la Libia.