Ignorez la femme

«Come sono considerate le donne in Vaticano?». «Malissimo. Non esistono». Questo un passaggio dell’intervista fatta da Gian Guido Vecchi a Lucetta Scaraffia (docente, storica, giornalista, un’intellettuale a tutto tondo), la quale assieme ad altre dieci collaboratrici si è dimessa per protesta dalla redazione della rivista vaticana “Donne, Chiesa, Mondo”, inserto mensile dell’Osservatore Romano.

Il vaso della sfiducia e delegittimazione ha trovato la goccia che lo ha fatto traboccare: il racconto sulle suore vittime degli abusi di preti. Si tratta di un fenomeno che accade in tutti i continenti al quale si sta reagendo col silenzio da parte vaticana, problema ancor più complicato e drammatico rispetto alla pedofilia: ci sarebbero infatti vescovi e preti che hanno fatto abortire le donne di cui hanno abusato.

Si è venuto a creare un corto circuito tra il quotidiano della Santa Sede ed il gruppo di redattrici dell’inserto dedicato alla problematica presenza femminile a livello religioso e all’interno della Chiesa: un vero e proprio laboratorio intellettuale e interiore impostato su studio, ricerca, dialogo e confronto. Nonostante le aperture del papa, il quale continua a ripetere che “la Chiesa è donna”, si è entrati a gamba tesa per tacitare una voce scomoda. Molto significativo quanto afferma e scrive Lucetta Scaraffia di fronte alle attenzioni papali: «Bello, ma è un modo per trasformarci in una metafora. Vogliamo essere ascoltate, contraddette, discusse come si fa con gli uomini, non diventare metafore. Essere riconosciute come interlocutrici nella nostra diversità. Gettiamo la spugna perché ci sentiamo circondate da un clima di sfiducia e di delegittimazione progressiva, da uno sguardo in cui non avvertiamo stima e credito per continuare la nostra collaborazione».

È inutile girarci intorno: la donna all’interno della Chiesa istituzione e della Chiesa comunità non conta un cavolo. Siamo ancorati ad una visione maschilista profondamente antievangelica. Le sgattaiolanti e tartufesche repliche del nuovo direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Mondo, non sfiorano nemmeno la dirompente ed ineludibile questione femminile nel mondo ecclesiale. Resiste la mentalità per cui le suore devono lavare i calzini ai preti, ma in molti casi si va ben oltre: risulta che, dopo la pubblicazione sull’inserto “Donne, Chiesa, Mondo” di un’inchiesta sullo sfruttamento delle religiose, siano arrivati alla redazione moltissimi biglietti di suore, che, senza dire chi erano, scrivevano il loro commovente “grazie”.

«Il mensile ha avuto l’appoggio dei Papi, Benedetto XVI e Francesco, e anche della Segreteria di Stato. Per il resto, dice Lucetta Scaraffia, non ci leggevano, o almeno dicevano di non farlo, di considerarci una lettura per cameriere. Vivono in un mondo maschile nel quale non è concepito che entrino le donne. Non riescono neanche a pensarci, per loro le donne non esistono». Al di là della più che comprensibile ed accettabile reazione emotiva (persino troppo contenuta e rispettosa), credo che la realtà sia proprio quella. Vorrei mettere in evidenza come il pensiero di papa Francesco, peraltro piuttosto altalenante ed espresso col freno a mano tirato riguardo ai problemi riconducibili alla sessualità, rischi di diventare un paravento dietro cui tutti fanno i propri (porci) comodi. Il continuo, stucchevole e formale richiamo alle sue parole finisce con l’essere deresponsabilizzante: il doppio binario, quello papale e quello vaticano (e non solo). Due binari che non si incontrano e, se si incontrano, qualcuno ci lascia, (non solo) religiosamente parlando, le penne: le donne appunto. E pensare che, a mio giudizio, le donne potrebbero, tra l’altro, aiutare la Chiesa ad uscire dalla crisi delle aberrazioni sessuali.