Garibaldi, la mamma e la Cina

Nei corridoi del Quirinale, durante la visita del presidente cinese, si è verificato un episodio piuttosto inquietante e molto significativo. Un funzionario dell’ambasciata cinese in Italia, di recente nominato capo dell’ufficio stampa della sede diplomatica, ha avuto un casuale incontro con una giornalista del Foglio che era al Quirinale per seguire la conferenza stampa di Mattarella e Xi. Sentito il nome che la giornalista ha dichiarato ad un addetto del Quirinale per accreditarsi, il suddetto funzionario cinese si è rivolto ad essa dicendo per due volte: «La devi smettere di parlare male della Cina». La cronista ha sorriso per sdrammatizzare la spiacevole situazione, ma si è sentita ripetere: «Non devi ridere. La devi smettere di parlare male della Cina». Non è finita lì, perché la giornalista gli ha risposto che il suo lavoro consiste nel raccontare quel che succede e gli ha teso la mano presentandosi e chiedendo al funzionario dell’ambasciata cinese quale fosse il suo nome. Lui ha rifiutato di darle la mano e le ha detto in tono allusivo: «E comunque so benissimo chi sei».

Non so se ci fossero gli estremi per un incidente diplomatico, certamente la cosa non può passare sotto silenzio per carità di Cina. I media, sempre più genuflessi al potere e distratti dall’evidenza mondana dell’evento, hanno dato all’episodio uno spazio tendente a zero: non bisogna disturbare il manovratore. Non voglio santificare Giulia Pompili, la giornalista del Foglio vittima di questo atto intimidatorio; non pretendevo che le autorità italiane facessero andare di traverso agli ospiti cinesi le leccornie offerte tra un palazzo e l’altro; non mi aspettavo che “gli amici dei media”, così li ha chiamati Xi Jinping ringraziandoli dell’accoglienza, sollevassero un polverone; non voglio neppure dare all’episodio un valore assoluto minante la credibilità dello Stato cinese e delle sue avance diplomatiche. La cosa però mi lascia perplesso: di questi improvvisati amici cinesi sarà bene non fidarsi troppo e pensare alla loro noncuranza per i diritti delle persone. Disturba assai la disinvoltura antidemocratica a casa loro, ma che vengano a fare i prepotenti in casa nostra…

La cautela, non usata dall’attuale governo, peraltro messa in campo in sede istituzionale dal solo Presidente Mattarella alla disperata raccolta dell’ennesimo escremento pentastellato, avrebbe dovuto e dovrebbe essere la cifra diplomatica per l’apertura di questo ardito fronte trattativista con la Cina. Cautela nel metodo (preventivo accordo con la Ue) e nel merito (attenzione a non oltrepassare i limiti nelle alleanze occidentali, a non sdoganare sbrigativamente uno Stato invischiato politicamente nella palude comunista anche se agganciato economicamente al treno capitalista, a non svendere alcunché a livello di politica economica per un piatto di succulenti lenticchie a livello commerciale).

Faccio tanta fatica a sopportare i difetti degli alleati, su quelli cinesi non mi sento di stendere un velo di pietoso silenzio. Concludendo non vorrei che in Italia, allo storico divieto di parlare male di Garibaldi e della mamma, si aggiungesse quello di non parlar male di Lega e M5S e soprattutto quello di non parlar male della Cina, che ci è ormai (troppo) vicina.