Il calimero europeo e il gigante cinese

L’ex piddino ed eminenza grigia della piccola formazione politica “Liberi e uguali”, Pier Luigi Bersani, ha imbroccato l’analisi della questione italo-cinese, che ha scatenato polemiche e contrasti in tutti i sensi e a tutti i livelli. Ha dipinto con chiarezza la situazione paradossale venutasi a creare: i partner europei hanno fatto i loro porci comodi a suon di consistenti affari con la Cina, poi, quando l’Italia azzarda timidamente un accordo commerciale con Pechino, le sono tutti ipocritamente addosso, fingono di scandalizzarsi, le danno un altolà, la trattano come la pecora nera, come il calimero europeo.

È storico l’aneddoto del padrone e del garzone. Il primo assaggia una bottiglia di vino e sentenzia che non va bene per il suo giovane aiutante: troppo brusco e forte! Ed accompagna questa lapidaria sentenza con un eloquente “brrr”. Il giovanotto non accetta la situazione e furbescamente risponde: «Cal spéta un minud…parchè a voi fär “brrr” ànca mi».

Perché l’Europa toglie sgarbatamente il bicchiere cinese dalla bocca italiana? Perché teme possa sbronzarsi? No, la sbornia semmai l’hanno già provata altri. Perché è troppo gracile per “portare” un vino forte? No, lo hanno già abbondantemente bevuto e si può reggere benissimo. Allora? È una questione di rispetto e fiducia politica che all’Italia manca e, se devo essere sincero non so dare tutti i torti agli Stati europei: fidarsi del governo pentastellato è bene, non fidarsi è molto meglio. Anche il più banale degli attrezzi in mani inesperte e incapaci può diventare estremamente pericoloso. L’Italia è politicamente isolata rispetto ai Paesi più avanzati dell’Unione europea e persino rispetto agli Usa di Donald Trump, a cui i pentaleghisti si sono precipitati a leccare i piedi: fin che si scherza va tutto bene, quando il gioco si fa duro…

Mio padre diceva con gustosa acutezza: «Se du i s’ dan dil plati par rìddor, a n’è basta che vón ch’a guarda al digga “che patonón” par färia tacagnär dabón». Più o meno sta succedendo così. Resta il gravissimo problema non tanto dei rapporti con la Cina, ma dell’isolamento in cui l’Italia sta progressivamente sprofondando. Non siamo figli di nessuno e ci illudiamo di essere quindi maturi ed indipendenti. La gente che ci sta (s)governando non ha la minima e rudimentale nozione di diplomazia, non sa calcolare tempi e modi, non sa fare politica. È chiaro che in una simile situazione esiste senz’altro chi è pronto ad approfittarne ed a metterci nei guai o a metterci in un angolo Come si dice spesso, per governare servono i voti, ma innanzitutto e dopo tutto bisogna esserne capaci. Mi sembra che avventurarsi in un memorandum con la Cina assomigli molto ad un appassionato di montagna che vuole scalare una impervia cima con le ciabatte ai piedi. Anche se intorno ha parecchi fans che lo incoraggiano e lo spingono, non può che finire male, molto male.