Una ventata di aria pulita e…giovanile

Si riparte da zero, dalla natura e dal clima. Il 15 marzo migliaia di studenti in diverse parti del mondo hanno partecipato ad una manifestazione organizzata per chiedere ai governi politiche e azioni più incisive per contrastare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale. L’idea è nata in seguito alla protesta iniziata da Greta Thunberg, una studentessa svedese di 16 anni, diventata il simbolo e la rappresentante più conosciuta del nuovo movimento ambientalista studentesco. Invece di andare a scuola, ogni giorno si presentava davanti alla sede del Parlamento svedese a Stoccolma, portando con sé il cartello “Sciopero scolastico per il clima”. In pochi mesi è diventata una star, partecipando a conferenze ed incontri a livello internazionale, dove ha accusato politici e grandi aziende di essere consapevoli da tempo dei rischi del cambiamento climatico, ma di non aver fatto nulla per calcolo politico o per non ridurre i profitti.

La rivista TIME ha inserito la Thunberg nella sua lista dei 25 adolescenti più influenti per il 2018; è stata altresì nominata la donna più importante del 2019 in Svezia. I media si sono naturalmente buttati a pesce su questa intraprendente ragazzina e ne stanno facendo “una santina laica”. Ben venga una sensibilizzazione sull’argomento “clima” soprattutto nei giovani, i più interessati potenzialmente al futuro. Vado a prestito da don Umberto Cocconi e gli rubo le riflessioni contenute in una sua recente omelia, riportandole di seguito.

“Quali sfide, quali tentazioni un giovane deve affrontare e vincere, per diventare adulto? Le possiamo circoscrivere a tre: la sfida del tempo, la sfida del piacere della connessione e la sfida del narcisismo. Il noto psicologo Vittorino Andreoli sostiene che se vogliamo capire gli adolescenti dobbiamo fare i conti con la loro “percezione” del tempo: vivono senza tempo. Sovente essi sono privi della percezione del futuro. In altre parole, è come se vivessero un presente continuo, fatto di frammenti: “Adesso vivo questo frammento di tempo, poi un frammento successivo, poi un altro ancora”. Non c’è però un continuum, non c’è, cioè, la percezione di uno sviluppo che in questo tempo si può realizzare. È efficace l’immagine della “freccia ferma”: si vuole fermare il tempo che passa. Tutto diventa “presente eterno”.

(…) Una seconda sfida che un giovane deve raccogliere è la comunicazione digitale, che amplia le sue possibilità, a tal punto che si può vivere contemporaneamente l’immediatezza degli scambi e delle condivisioni. È inevitabile che questi scambi così accelerati creino il bisogno insopprimibile di rispondere subito ai messaggi ricevuti, oppure di inserire al volo le foto nelle proprie pagine per ottenere tantissimi like. L’appagamento di questo desiderio di approvazione urge e non si può procrastinare. La vita degli adolescenti sembra all’insegna della contingenza il che li spinge a fare scelte rapide e superficiali. Non c’è tempo per concentrarsi e riflettere. I giovani contemporaneamente studiano, sentono musica, scrivono, leggono messaggi sul cellulare, con vari focus, vivono l’esperienza del cosiddetto multitasking: si fanno più cose contemporaneamente e tutto questo li fa sentire vivi e adrenalinici.
(…) Terza tentazione: il piacere che si prova quando si ricevono delle conferme per se stessi. Si creano così al contempo connessioni continue, con cui ci si presenta agli occhi degli altri, con l’identità desiderata, oppure con un’identità difensiva, arricchita con informazioni, foto e immagini che vengono continuamente aggiornate. Facebook consente un nuovo approccio alla costruzione del proprio sé. «Gli adolescenti si confrontano con la propria immagine, costruendo una narrazione personale che verrà condivisa solo dagli amici che sono stati accettati in tempo reale ed in modo immediato. Possiamo paragonare i social media al muretto intorno al quale si incontravano qualche decennio fa i giovani, oppure al barino in cui stazionavano per ore rimandando continuamente il momento di ritornare a casa» (Massimo Ammanniti). Come possiamo noi adulti criticare questi giovani, o avere la presunzione di aiutarli se siamo pure noi caduti nella rete?”.

Fin qui il discorso autocritico di don Cocconi, un prete amico dei giovani. Mi limito ad aggiungere l’auspicio che questa ventata fresca giovanile, che guarda avanti nel tempo, che affronta problematiche impegnative, che rioccupa le piazze in senso concreto, serva a vincere le tentazioni di cui sopra e non sia un fuoco di paglia o ancor peggio un’acne curata da farmaci invasivi gratuitamente e facilmente forniti dai poteri mediatici, politici ed economici.