I titani della sfiga

Quando sento i politici, magari ultra-trasgressivi nella loro vita privata (cavoli loro…), fare la difesa d’ufficio della famiglia in un pericoloso mix ideologico-culturale che puzza lontano un miglio di strumentalizzazione politico-religiosa, di reazionaria deriva etico-culturale, di ostentato e fuorviante richiamo ai principi cristiani, scatta in me una sorta di shock anafilattico religioso e politico. Non sopporto infatti l’integralismo religioso di chi brandisce il Vangelo a suo uso e consumo e non tollero chi viola la laicità della politica a scopo smaccatamente elettorale.

Per quanto ne so e ne capisco, nelle manifestazioni promosse dal World Congress of Families trovo poco Vangelo e molto fascismo: il tentativo di ricondurre e rimpicciolire i valori della fede al sempre suggestivo slogan “Dio, Patria, Famiglia”. Non a caso le destre politiche e culturali vi si buttano a pesce senza andare tanto per il sottile. Se facciamo riferimento alla imminente manifestazione che si terrà a Verona dal 29 al 31 marzo, troviamo tre ministri in quota Lega (Salvini, Fontana e Bussetti), l’immancabile Giorgia Meloni leader di Fratelli d’Italia ed Elisabetta Gardini una forzitaliota in cerca di visibilità, assieme a rappresentanti di quella articolata ma ben inquadrata galassia pseudo culturale avente lo scopo di teorizzare, in chiave meramente demagogica, la restaurazione etica senza farsi scrupolo di strizzare l’occhio al folklore nazi-fascista.

Su questa iniziativa il governo si è spaccato e questo non fa notizia: farebbe notizia l’esistenza di un tema su cui il governo fosse compatto. C’è o non c’è il patrocinio governativo all’incontro promosso dalla rete internazionale di cui sopra? Patrocinio vero e proprio no, ma, come detto molta vicinanza sì. Ecco allora che il vice-premier Luigi Di Maio sente la necessità di smarcare se stesso e il M5S, dedicando all’evento parole offensive: “Più che di destra sono degli sfigati, se trattano così le donne”. Siamo di fronte ad uno scontro fra titani dell’improvvisazione e del nullismo culturale e politico, da cui la famiglia non può che uscire con le ossa rotte.

C’è da chiedersi retoricamente se per questi signori venga prima il Vangelo, magari brandito come arma durante i comizi elettorali, oppure il contratto (sarebbe meglio ribattezzarlo contrasto) di governo; se sia più importante la famiglia, tirata sempre in ballo più o meno a proposito, o il voto dei cattolici tradizionalisti per non dire reazionari; se porti più voti cavalcare l’oltranzismo religioso coniugato con le posizioni dell’ultradestra oppure vezzeggiare la galassia in difesa dei diritti civili (movimento di liberazione omosessuale, difesa del divorzio e dell’aborto, liberalizzazione bio-etica, etc.).

Tutto contribuisce a confondere le idee e a strumentalizzare indistintamente e clamorosamente le spinte culturali, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano inclinato verso la mera conquista del “voto a prescindere”.   Non so se siano più sfigati gli aderenti al Word Congress of Families ed alle sue iniziative oppure i politici che gli girano intorno per lucrare qualche consenso a favore o contro di esso. Se questo è il rinnovamento della politica nei rapporti con la religione, conviene, senza dubbio alcuno, fare un salto indietro verso la tribolata ma seria laicità della politica dei partiti della cosiddetta prima (unica) repubblica, Democrazia Cristiana in primis.