Storia, archivio e Vangelo

È nota la tattica di chi, sentendosi aggredito dai nemici che spingono e pressano, apre improvvisamente la porta provocandone la caduta. In un certo senso si sta comportando così anche papa Francesco, giocando d’anticipo verso i suoi contraddittori e verso i contestatori della Chiesa. Per la verità certe porte si aprono a distanza di decenni: meglio tardi che mai. Onore al merito di questo papa.

Infatti in questi giorni, in cui ricorre l’ottantesimo anniversario dell’elezione al soglio pontificio di Eugenio Pacelli, papa Francesco ha annunciato che il vaticano aprirà fra un anno l’archivio segreto relativo al pontificato di Pio XII, il pontefice che fu tale durante la Seconda guerra mondiale ed in seguito alla sua morte, avvenuta nel 1958, fu spesso criticato per non aver mai preso posizioni dure contro l’olocausto, il nazismo e il fascismo.

Ero poco più che bambino, ma ricordo perfettamente lo sconcerto provocato dagli attacchi portati a papa Pacelli anche sull’onda del “Vicario”, opera teatrale di denuncia: dubbi e perplessità rimangono tuttora e non so se e fino a qual punto potranno essere chiariti dalle ricerche d’archivio a partire dal 02 marzo 2020. Probabilmente la verità sta tutta nel dramma astensionista di un papa vittima della sua stessa esperienza e capacità diplomatica: condannare apertamente poteva significare istigare ulteriormente il nazismo alla persecuzione contro gli ebrei e compromettere il rapporto con le masse cattoliche tedesche; inoltre il Vaticano era imprigionato negli opposti estremismi, vale a dire nell’avversione verso il comunismo sovietico che faceva da paradossale contraltare alla minaccia nazista.

Si preferì rimanere sotto traccia per soccorrere in tutti i modi possibili i perseguitati, cercando di ridurre al minimo le conseguenze devastanti della guerra e dell’odio razziale scatenato dal nazifascismo: molte strutture ecclesiali e molti uomini e donne di chiesa si mobilitarono per nascondere ed aiutare gli ebrei a rischio di internamento nei campi di sterminio. Difficile se non impossibile dare un giudizio a posteriori.

Mi viene spontanea comunque una riflessione. Prima della politica e della diplomazia, per la Chiesa dovrebbe sempre venire il dettato evangelico: seguendo l’insegnamento di Gesù (il vostro parlare sia sì-sì no-no) e tutti gli esempi da Lui forniti fino alla Croce nel modo di rapportarsi col potere (non per combatterlo militarmente, ma per condannarne apertamente le ingiustizie), non ci sarebbe spazio per i dubbi sulle scelte da operare. Certo non poteva bastare una semplice parola di condanna, bisognava avere il coraggio di far seguire alle parole i fatti. Il tutto non era facile e soprattutto era estremamente rischioso, ma se uno non vuol rischiare non fa il cristiano. Le prime comunità non scesero a patti col potere romano, non ebbero paura a testimoniare fino alla tortura ed alla morte, non scelsero il male minore, ma il bene a tutti i costi. E perché, di fronte al nazifascismo ed ai suoi incredibili eccidi, molti cristiani di base, preti, suore, laici, ebbero il coraggio di rischiare, mentre le supreme gerarchie nicchiavano, a volta addirittura condividevano certe scelte di regime, tentennavano, tacevano. Mi viene spontaneo pensare a don Giovanni Minzoni che nel 1923, agli inizi dell’era fascista, fu brutalmente assassinato per essersi schierato a difesa dei principi e delle associazioni cattoliche, mentre il Vaticano e i vescovi tendevano al compromesso col fascismo, tentando di lucrarne qualche vantaggio, sacrificando persino don Luigi Sturzo inviato in esilio per non infastidire politicamente il regime.

Sono discorsi enormi: non critiche semplicistiche, ma profonde riflessioni. Papa Francesco, prendendo la decisione di aprire l’archivio, ha detto: «La Chiesa non ha paura della Storia, anzi, la ama e vorrebbe amarla di più e meglio, come la ama Dio. Quindi, con la stessa fiducia dei miei predecessori, apro e affido ai ricercatori questo patrimonio documentario». Uno stupendo atto di disponibilità al confronto sulla verità storica. Mi auguro possa essere anche l’occasione per una revisione auto-critica nel modo di essere della Chiesa, come istituzione e come comunità, alla luce del Vangelo e della storia, durante la quale si sarebbe dovuto e si dovrebbe testimoniare il Vangelo.