La (in)vincibile camorra

È stato arrestato il superboss della camorra Marco Di Lauro, latitante dal 2004, considerato il secondo latitante più pericoloso d’Italia dopo Matteo Messina Denaro, che si nascondeva in un appartamento di via Emilio Scaglione, nel quartiere di Chiaiano, periferia nord di Napoli. Alla vista delle forze dell’ordine non ha opposto resistenza. Quando avvengono fatti del genere mi viene spontaneo tirare un respiro di sollievo: allora non è vero che la criminalità organizzata è invincibile!

Poi, assistendo alla messa in scena del dispiegamento di polizia, carabinieri, guardia di finanza con tanto di sirene spiegate, elicotteri, etc. etc., ed ancor più alla rituale passerella dei dirigenti che raccolgono e distribuiscono elogi ed encomi, mi viene altrettanto spontaneo passare dalla soddisfazione del momento alla riflessione storica. Esco cioè dal coro e mi chiedo: è possibile che ci siano voluti oltre quattordici anni per catturare questo superlatitante camorrista, che, a quanto pare, non era fuggito all’estero, ma si nascondeva nel suo territorio continuando magari a svolgere il suo compito? Possibilissimo!

Tutto ciò cosa significa? Che le forze dell’ordine, al di là del loro encomiabile impegno a rischio della vita, faticano molto ad avere il controllo del territorio; che la gente, al di là del pur apprezzabile applauso liberante del momento, continua ad essere imprigionata in un clima di paura e di omertà; che gli innegabili successi ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata sembrano più il frutto episodico di un’azione meritoria ma debole piuttosto che la progressiva conseguenza di una lotta sistematica forte.

Certo, è comodo criticare stando in poltrona. Cosa farei io se vivessi in quel contesto sociale, se fossi a conoscenza di elementi utili alle forze dell’ordine, se fossi minacciato dalla camorra, se mi chiedessero di pagare il pizzo? Non so rispondere. Onestamente non mi sento di fare il martire virtuale. Tuttavia non ho l’impressione a distanza che la lotta alla camorra sia al centro dell’azione dello Stato nella città di Napoli, come ha detto il sindaco Luigi de Magistris. Siamo molto lontani, culturalmente, socialmente, politicamente, istituzionalmente, giudiziariamente, dal poter maramaldeggiare.

Non so quanto serva spettacolarizzare i risultati: forse può dare l’idea della presenza dello Stato, forse può scoraggiare il ricorso alla criminalità ed incoraggiare la reazione ad essa, forse può dare la giusta soddisfazione a chi lavora sodo rischiando la pelle, forse può imprimere un’accelerazione alla presa di coscienza individuale e collettiva. Non vivo a Napoli e non mi rendo conto di tutto ciò. Sono sicuro che la guerra alle mafie non possa essere uno sbrigativo e definitivo redde rationem provocato dalle forze dell’ordine, ma una costante e paziente azione di tutti. Però il mio timore, purtroppo, è che arrestato un superboss se ne faccia un altro e che occorrano altri quattordici anni per arrestarlo.