A mosca cieca per abbattere le pignatte politiche.

Nella frastornante e fuorviante girandola di sondaggi da cui siamo investiti, mi pare che Renato Mannheimer, sociologo, saggista e sondaggista di notevole livello, abbia sostenuto, supportato dai dati rilevati, che il consenso al governo giallo-verde si mantiene ad alti livelli, ma scende significativamente se dal giudizio generale si passa a quello sui singoli provvedimenti adottati dal governo stesso. Andamento analogo evidenziano le elezioni regionale di Abruzzo e Sardegna, dove il M5S sembra essere in caduta libera. Ho provato a rifletterci sopra ed a trovare una spiegazione plausibile.

Molto probabilmente quando l’elettore medio è di fronte al governo e ne dà un giudizio politico è fortemente condizionato dalle paure e dal clima di insicurezza, in parte conseguenti ai problemi difficili che ci sovrastano, in parte dovuti alla strumentale cavalcata delle valchirie pentaleghiste. Quando la situazione si fa complicata e tormentata è fortissima la tentazione di affidarsi mani e piedi al primo, urlante e improvvisato demiurgo da strapazzo, incassando per buone le illusioni sparse a piene mani.

Nel momento in cui l’esame della situazione abbandona i massimi sistemi della paura e dell’insicurezza e si appunta sull’approfondimento e sulla soluzione di un singolo problema o sulla scelta dei candidati emergenti a livello territoriale, il criterio di giudizio cambia e passa dalla genericità illusionistica alla particolarità realistica. Per farla breve, si smette di sognare e si comincia a ragionare ed allora i pro e i contro emergono inesorabilmente, i dubbi e le perplessità crescono e i consensi calano (quelli pentastellati in modo clamoroso). Penso sia un processo fisiologico applicabile a maggior ragione allorquando si vendono a basso prezzo le illusioni e non le speranze: le proposte concrete non vanno d’accordo con le illusioni, mentre possono anche accompagnarsi, pur con qualche difficoltà, alle speranze.

L’elettore italiano, per tanti motivi, sembra un bambino che gioca un po’ a mosca cieca e un po’ alle pignatte: è bendato dalla paura, dal risentimento, dalla sfiducia; ha in mano il bastone, costituito dalla scheda elettorale e ancor prima dal consenso irrazionale, lo picchia a casaccio e dove picchia distrugge la pignatta, poi corre a incassare il premio e si accorge che nella pignatta, se non c’è segatura, c’è comunque poco di buono.

Un motivo, messo dai politologi alla base del grande consenso assegnato al governo pentaleghista, consiste nel fatto che manchi un’opposizione veramente competitiva, leaderistica e coinvolgente: a destra sono tutti più o meno spiazzati, a sinistra sono confusi e laringectomizzati. È vero fino ad un certo punto. Se consideriamo Lega e M5S fenomeni da baraccone mediatico più o meno scientifico, il Pd non è in grado di competere su questo piano, che non è il suo proprio terreno di battaglia. Se andiamo sui problemi, sulle proposte e sulle candidature penso che l’opposizione possa esistere e farsi sentire, senza fretta di capovolgere il baraccone, ma con la pazienza di metterlo in discussione.  Bisogna recuperare un minimo di fiducia negli elettori, rispettarli nei loro drammi più psicologici che politici, somministrare loro, a dosi contenute, proposte diverse e molto concrete nonché candidati di livello per gestire il territorio.  Non dico di pretendere di passare dalla mosca cieca al bridge, ma almeno provare a giocare a bandiera.