La schizofrenia del governante protestatario

Pensavo che la mia protesta fosse forte finché non ho visto la tua con i gilet gialli: è la parafrasi di un noto spot pubblicitario del passato applicato all’attualità politica. Ormai tutti protestano: di motivi ce ne sarebbero a non finire. Un tempo si parlava e si scriveva di “contestazione globale”, ma era un discorso ideologico.

Oggi ritengo che la protesta, più che da obiettive ragioni socio-economiche (disoccupazione, povertà, ingiustizie), venga dalle paure: paura di altre culture, di altri valori religiosi; paura di perdere l’identità nazionale; paura dell’Europa; paura della mescolanza etnica e religiosa e della convivenza pacifica e rispettosa; paura della laicità dello Stato; paura… paura… Siamo paurosi. Ma con la paura non si costruisce. La novità, il futuro ci fanno paura e il passato è stato cancellato. La memoria storica è sempre più corta e affievolita: si dimenticano i lager, gli olocausti, i gulag, le foibe, le lotte per la liberazione, le dittature; si mettono sullo stesso piano oppressori e oppressi, padroni e schiavi, sfruttati e sfruttatori, onesti e mafiosi, politici onesti e disonesti.

Che ci sia chi aizza le paure e cavalca le proteste è storia di sempre, anche perché chi ha paura non cerca tanto chi gli può dare rassicurazione e speranza, ma chi lo istiga ad essere sempre più pauroso e protestatario. Il fatto gravissimo della politica italiana sta nel fatto che queste forze politiche, che intercettano la paura e fomentano la protesta, siano al governo del Paese e adottino lo stesso schema di comportamento. Non c’è niente di strano se un leader politico italiano strizza l’occhio ad una ribelle formazione politica francese. Se questo politico è vice-presidente del Consiglio e ministro del Lavoro, il discorso cambia e diventa schizofrenico. Non è solo una questione di incompatibilità politico-istituzionale, è, come dice Massimo Cacciari, una questione di confusione mentale.

Gli esempi di questa riproposizione in chiave politica dello strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde sono all’ordine del giorno: dopo la bagarre nei rapporti fra Italia e Francia, è scoppiata l’intenzione di azzerare Bankitalia e Consob. I casi sono due: o chi si comporta così ha in testa un progetto rivoluzionario in senso proprio o è un pazzo in senso proprio (e politico). La storia ha visto parecchie volte personaggi populisticamente protestatari occupare le istituzioni governative per poi distruggere il sistema e compiere svolte autoritarie, instaurando veri e propri regimi antidemocratici. Non so se in Italia si possa rischiare anche questo, ma non lo escluderei del tutto.

Il nuovo segretario confederale della Cgil Maurizio Landini durante la manifestazione sindacale indetta per protestare contro le politiche del governo giallo-verde, ha lanciato una pertinente e intelligente provocazione soprattutto ai pentastellati: «Incontrino noi, non chi protesta all’estero». Il discorso non fa una grinza: la smettano di giocare alla protesta, la lascino esprimere a chi ne è o ne dovrebbe essere l’interprete autentico a livello nazionale e lo incontrino nell’ambito delle loro competenze e funzioni istituzionali.

Inquietante è che la strada protestataria fine a se stessa non ha limiti, anzi si autoalimenta continuamente, si deve giornalmente spostare da un argomento all’altro, si deve attaccare a tutto per rimanere a galla sul mare tempestoso dell’antipolitica. Se l’antipolitica la fa l’uomo della strada, col gilet e col giaccone, c’è pur sempre da preoccuparsi, ma non da disperarsi; se invece l’antipolitica la fa il politico investito di responsabilità governative c’è da mettersi le mani nei capelli. Quando potrà mai finire questo assurdo gioco delle parti. O quando la drammaticità dei problemi romperà l’ignobile connubio tra chi li solleva sguaiatamente e chi li dovrebbe affrontare e non lo fa; o quando qualcuno riuscirà a convincere la gente a protestare cum judicio, vale a dire cercando di interloquire con chi ha serie intenzioni di affrontare i problemi. Sarebbe meglio la seconda ipotesi, anche se è purtroppo più realistica la prima. L’importante è che l’equivoco venga sciolto al più presto.