Il governo italiano è “immaduro”

Il Parlamento europeo riunito in sessione plenaria ha riconosciuto Juan Guaidò come legittimo presidente del Venezuela. La mozione, che non è vincolante per l’intera Unione Europea, è stata approvata con 439 voti a favore, 104 contrari e 88 astensioni. Guaidò è il leader di fatto dell’opposizione venezuelana e la sua autoproclamazione a presidente al posto di Nicolás Maduro ha aperto una crisi politica piuttosto delicata e complessa, sulla quale si sono venuti a creare vecchi (Trump-Usa con Guaidò e Putin-Russia con Maduro) e nuovi (Ue incerta e Italia omertosa) schieramenti a livello internazionale. Fra gli astenuti ci sono anche gli europarlamentari del M5S e della Lega, che hanno finalmente trovato un problema su cui sono d’accordo. Il governo italiano è attestato su posizioni vaghe: il ministro Moavero Milanesi è afono, il premier Conte è (in)cautamente sgusciante; ha parlato il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano dicendo che l’Italia non riconosce Guaidò.

Una giornalista del Manifesto (di cui non ricordo il nome), comodamente seduta nell’irritante salotto televisivo mattiniero del pierino catodico di rainews24, Roberto Vicaretti, nel contesto di un confuso dibattito sull’attualità politica in cui era inserita la situazione venezuelana, ha fatto una affermazione di stampo bolscevico a cento anni dalla rivoluzione d’ottobre: “Il voto del Parlamento Europeo non conta niente”. Quindi si è lasciata andare al solito retroscenismo anti-americano, facendo risalire a Trump la svolta politica venezuelana, e attestandosi su una posizione non allineata di stampo titino.

Che un Parlamento eletto democraticamente da milioni di cittadini europei non conti niente la ritengo un’affermazione (pur se inserita in un ragionamento complessivo) gravissima di stampo burocraticamente comunista (la lingua dice quel che nella storia duole). Sarà pur vero che la mozione adottata non sia vincolante, che gli Stati europei tendano a fregarsene altamente delle Istituzioni europee; da qui a sostenere che un consesso democratico di tale entità sforni decisioni irrilevanti il passo è lungo e antistorico. Se vogliamo rilanciare l’Ue dobbiamo rafforzarne le istituzioni e non svaccarle in questo modo. La giornalista del Manifesto è rimasta in linea con l’ideologia politica di riferimento della sinistra, che sta indirettamente e paradossalmente portando acqua al mulino pentaleghista in nome di un essere contro tutto, il che equivale, in quel caso sì, a non contare niente.

Infatti ecco la traduzione politica di quella mentalità ideologica fintamente neutralista, che è sempre stata contro gli Usa, contro la Nato, contro l’Europa unita, contro l’Occidente: l’astensione dei partiti di governo che col loro voto buttano una ulteriore secchiata di acqua gelida italiana sulla massima istituzione europea. Quel voto ha il triste significato di volersi distinguere dall’Europa e di non voler dialogare all’interno dell’Europa. È un voto ideologico, populista, antipolitico ed antidemocratico. Stiamo facendo clamorosi e pericolosi passi indietro a prescindere dal merito della situazione venezuelana, che certamente non si potrà risolvere con l’accetta trumpiana, ma nemmeno con le titubanze italiane.