Le sabbie mobili del razzismo

Oggi si celebra il Giorno della Memoria ovvero la “Giornata internazionale di commemorazione delle vittime della Shoah”, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, che ha voluto ricordare le vittime dell’olocausto e «condannare tutte le manifestazioni di intolleranza, incitamento, molestia o violenza contro persone o comunità, sia su base etnica che religiosa». È stata scelta la data del 27 gennaio perché quel giorno nel 1945, le truppe dell’Armata Rossa fecero irruzione nel campo di concentramento di Auschwitz, liberando gli ebrei che vi erano rinchiusi e svelando fino a che punto si era spinta la ferocia nazifascista.

Siccome l’odio è un sentimento “globale” che esce dalla coscienza individuale per contagiare la comunità intera, il ricordo della Shoah deve toccare il proprio animo, ma deve anche ripercuotersi sugli assetti sociali contemporanei.

A livello individuale mi sento in dovere di ripulire la coscienza da ogni e qualsiasi pulsione discriminante e intollerante verso gli altri: non si è mai finito di fare questa pulizia, anche perché le tentazioni sono tante ed è facile cascare dentro certe derive rivedute e scorrette. Se giustamente è cambiato il comune senso del pudore, ingiustamente è mutato il comune senso dell’antirazzismo e dell’antifascismo. A volte mi coglie persino il dubbio che nel fondo delle coscienze sia rimasto incrostato un fondo di razzismo e fascismo che viene smosso e ritorna a galla alla prima occasione. Forse avevamo solo dato una frettolosa mano di vernice sulle colpe e col tempo lo sporco della storia ritorna in primo piano ed in bruttissima evidenza. Bisogna rimuovere profondamente e continuamente un passato che tende a farsi presente.

Accanto alla coscienza individuale si forma quella collettiva e a questo livello siamo attualmente in zona rischio. I moderni predicatori di odio sono subdolamente pericolosi: usano le paure più assurde ed ingiustificate per condurre la gente ad una sorta di “odio difensivo”, socialmente contagioso e politicamente nervoso. È un percorso esattamente contrario a quello della “celebrazione della Memoria”: stiamo lavorando alacremente alla “rimozione della Memoria”, che va ben oltre i rigurgiti negazionisti e i revisionismi di comodo, per giustificare le nuove forme dialetticamente sofisticate di razzismo.

Quando si afferma che prima vengono gli italiani e poi gli altri, si sta teorizzando una nuova dottrina che sostanzialmente risciacqua nelle acque leghiste e confonde nelle nebbie grilline il discorso della purezza razziale. Stiamo ben attenti: quando si lasciano in balia delle onde centinaia di naufraghi alla ricerca  di un porto in cui sbarcare e concretizzare il diritto alla vita; quando si sbaraccano gli immigrati come se fossero animali pericolosi da tenere lontani; quando si tollerano i campi di concentramento allestiti in Libia; quando si esorcizzano coloro che cercano di salvare il salvabile, assimilandoli a trafficanti di esseri umani; quando si arriva a questo, si è ad un millimetro dal razzismo, anzi forse vi si è già dentro fino al collo.

Urge un risveglio delle coscienze, ma chi lo potrà promuovere? Gli attuali governanti sparsi per il mondo: no.   I partiti politici alle prese con l’ansia del consenso a tutti i costi: nemmeno. I media che rincorrono le cazzate di turno e trascurano i valori di fondo: Dio ce ne scampi e liberi.  Gli uomini di cultura che non osano disturbare il manovratore e non rifiutano la tessera perché devono pur vivere: il coraggio non è il loro forte. E allora? Dopo aver ascoltato papa Francesco, bisognerebbe scendere in piazza, senonché la piazza è già piena di stronzi che agitano cartelli demenziali e fuorvianti. Forse occorre ricominciare tutto daccapo, dalle aste e dai puntini dell’etica e della politica. Gli insegnanti di un tempo facevano così. Il sussidiario fortunatamente lo abbiamo: la Carta Costituzionale.