La pelle di Fico e il muro pentastellato

Il presidente della Camera Roberto Fico non perde occasione per prendere clamorosamente le distanze dal governo e dal suo movimento. In materia di immigrazione ha dichiarato: «L’accoglienza è un valore sempre. È scritto nella Costituzione. La legge suprema dell’umanità ti chiede di aiutare le persone in sofferenza o in naufragio: una regola che va oltre le norme scritte, i governi, i parlamenti».

A chi gli ha fatto osservare di avere una posizione isolata rispetto alle scelte dei vice-premier, Fico ha risposto: «Io non sono isolato, io non sono nel governo. Io ho un ruolo terzo e di garanzia. E come terza carica dello Stato vi dico che l’accoglienza e il salvataggio in mare sono valori fondamentali. Ogni volta che muore qualcuno nel Mediterraneo ci dobbiamo sentire coinvolti. Io personalmente mi sono sentito in lutto dopo la strage dei 117 immigrati. Vale anche quando ne muore uno, ma quella è stata una gravissima pagina». Poi quasi per farsi perdonare lo “svarione” buonista ha rimarcato le responsabilità “dell’Europa tutta” ed ha aggiunto: «Dobbiamo riuscire a fare un nuovo progetto per il Mediterraneo; va bene anche il piano di investimenti per l’Africa, ma deve essere chiaro e trasparente».

Non si è fermato agli immigrati ed è andato giù duro anche sulla restituzione dei fondi pubblici da parte della Lega: «Chi sbaglia deve pagare e si devono eseguire le sentenze». Ha commentato persino il baciamano avvenuto ad Afragola a favore di Salvini da parte di un simpatizzante della Lega: «Sono accadute anche a me situazioni imbarazzanti, che vanno smontate».

Vista la continuità e varietà di questi clamorosi distinguo, i casi sono due: o si tratta di un gioco elettorale, vale a dire di una strumentale copertura al M5S sul fronte di sinistra o comunque verso gli elettori contrari alla sempre più imbarazzante alleanza con i leghisti, oppure Roberto Fico deve prendere atto delle proprie sostanziali divergenze e abbandonare i pentastellati, senza necessariamente dimettersi da presidente della Camera, anche se sarebbe opportuno e darebbe ulteriore patente di correttezza lasciando l’alto scranno di Montecitorio.

Fino ad ora lo vedevo con una certa simpatia, adesso basta: il gioco è bello quando è corto. I sondaggi danno i grillini in chiara flessione di consensi, il piccolo test elettorale sardo ha evidenziato un notevole malcontento tra le file pentastellate. Alessandro Di Battista è tornato ad incarnare l’anima protestataria più spinta, mentre Fico fa la parte del poliziotto buono. Gino Strada non si è sputato nelle mani e ha dichiarato senza peli sulla lingua: «Quando alla fine si è governati da una banda dove una metà sono fascisti e l’altra metà sono coglioni, non c’è una grande prospettiva per il Paese». Mi aspetto provocatoriamente che Roberto Fico esprima solidarietà a Gino Strada e compia i conseguenti passi politico-istituzionali, diversamente rischia, prima o poi di essere incollato al muro come una pelle di fico, non tanto dagli avversari ma dagli amici.