Il mare grande dell’europeismo a venire

In passato le elezioni europee venivano vissute come un test secondario, una specie di surrogato rispetto alle competizioni elettorali nazionali; le stesse candidature erano proposte in chiave consolatoria per i “trombati” o in funzione alternativa per i “rompipalle” o, nella migliore delle ipotesi, come lancio per i “promettenti”. L’Europa era vissuta come un bene scontato o come un male necessario. Non è più così. L’Unione europea è messa in discussione da chi la vuole ridimensionare o addirittura distruggere e da chi la vuole rilanciare sul piano istituzionale e politico. La prossima consultazione elettorale di maggio assume pertanto i connotati di un passaggio delicato, anche perché i partiti storici e tradizionali, i popolari ed i socialisti, non sono più in grado di fare sintesi e di interpretare compiutamente il sentire dei cittadini europei, i quali sembrano alla spasmodica ricerca di forze sovraniste, populiste, nazionaliste, ambientaliste, protestatarie, glocalizzanti, estremiste.

Ci si prepara ad una sorta di tagliando europeo tutt’altro che scontato. Provo a schematizzare forzatamente la situazione. A destra il partito popolare europeo, che già ora imbarca cani e porci (dagli europeisti moderati tedeschi ai sovranisti alla Orban), tenta di inglobare i recalcitranti populisti destrorsi, tentando una difficilissima mediazione, non tanto sul piano ideale (gli ideali in Europa hanno purtroppo perso, strada facendo, tutto il loro iniziale impulso), ma sul piano pragmatico, del potere continentale, basata sulla difesa degli attuali assetti burocratici e sul contenimento nazionalistico dei futuri sviluppi. Operazione sulla quale intende cimentarsi Silvio Berlusconi, che intravede la possibilità di riciclarsi, partendo dal suo striminzito 7%, per dare una patina di accettabilità al “salvinismo” dilagante ma sterile, diventando addirittura il protagonista emblematico del rassemblement europeo moderato che guarda a destra.

Anche a sinistra sono cominciate le grandi manovre per chiamare a raccolta gli europeisti più convinti. Si sta ponendo la questione pregiudiziale se sia opportuno puntare su liste aperte ed accoglienti, finalizzate al rilancio dell’Europa o se sia meglio, come si suol dire, marciare divisi per combattere uniti. Il dibattito, piuttosto datato e anacronistico, è aperto.  Per stare in Italia, alla proposta dell’ex ministro Carlo Calenda, che intende lanciare una lista aperta a tutti i possibili e immaginabili fermenti eurofili, risponde Enrico Letta sostenendo come la lista unica contro i populisti finirebbe col fare un piacere ai populisti stessi, offrendo loro su un piatto d’argento il nemico comune da combattere, mentre Matteo Renzi si appiglia al diversivo “macronistico”, vale a dire ad una formazione moderata, sganciata dalla tradizione, euro-pragmatica e fuori dagli schemi radicaleggianti.

Non è il momento di incartarsi nei tatticismi, c’è una posta in palio troppo alta per giochicchiare a nascondino sperando alla fine di fare “tana per tutti”. Sento il giusto odore dell’ideologia geo-politica, della rifondazione europea, della diga valoriale alla esplosiva miscela di conservatorismo, burocratismo, populismo e sovranismo. Enrico Letta può avere qualche ragione tattica, ma è giunta l’ora di misurarsi sulle idee più che sulle beghe pratiche, di affogarsi nel mare grande dell’europeismo a venire piuttosto che nuotare negli stagni dell’europeismo attuale. Matteo Renzi vuol giocare le sue residue carte e sparare le proprie ultime cartucce in campo europeo, ricopiando i compiti in classe di Macron, i cui limiti ed errori sono tra l’altro brutalmente sottolineati col giallo dei gilet.

In conclusione, guardando a sinistra con la mente e soprattutto col cuore, ritengo sia il momento di viaggiare uniti (con grande apertura di idee a livello culturale, politico e sociale), di guardare oltre i confini nazionali (per allearsi con quanti hanno a cuore un futuro di giustizia, pace e solidarietà), di combattere insieme la buona battaglia dell’Europa. Ero un pessimo giocatore di ramino, non sapevo utilizzare i jolly al momento opportuno e rischiavo sempre di perdere, facendomeli “rubare” dai giocatori più abili ed esperti. La sinistra ha in mano il jolly della storia e non deve temere di metterlo in tavola rifugiandosi nel gioco di rimessa: metta le carte in tavola, è il momento delle scelte importanti, vale la pena di rischiare piuttosto che vivacchiare.