Decreto di sussistenza disorganica

Ho seguito con estrema attenzione e senza alcuna prevenzione la conferenza stampa con la quale il governo ha presentato il decreto-legge su reddito di cittadinanza e quota 100: sono intervenuti il presidente del consiglio Giuseppe Conte e i due vice-premier Salvini e Di Maio. Parto dai contenuti così come emergenti da questa prima sintetica illustrazione.

Onestamente non mi sento di liquidarli come provvedimenti di stampo meramente elettoralistico e propagandistico. Sotto ad essi c’è un’impostazione di politica economica, ci stanno scelte sociali di un certo tipo.  L’obiettivo di fondo di una seria politica dovrebbe puntare alla ripresa economica collegata ad un significativo aumento dell’occupazione. Il decreto va in questa direzione? A prima vista sembrerebbe di sì. Purtroppo se si va al di sotto della crosta ci si accorge che in realtà non si punta a rimettere in moto l’economia per creare nuovi posti di lavoro, ma si parte da teorici nuovi posti di lavoro (in conseguenza di pensionamenti accelerati) per sperare in un rilancio dei consumi interni. Nel frattempo si concede qualche ristoro a chi non ha lavoro e reddito. Il meccanismo è invertito e il provvedimento potrebbe essere quindi denominato “decreto di sussistenza disorganica”: è il solito meccanismo di aiuto, peraltro piuttosto confuso e improvvisato, che non tocca il sistema e non dà risposte organiche al problema di fondo.

Le considerevoli risorse che verranno impiegate concedono una momentanea bombola di ossigeno, da non disprezzare, ma non influiscono sulla capacità di respirare con i propri polmoni. L’eccezione, che comunque va presa in seria considerazione e curata, rischia di diventare la regola. Mandare in pensione anticipatamente la gente è come illudersi di rendere respirabile l’aria con un turnover (peraltro tutto da dimostrare e verificare nel tempo) di respiranti, anziché con l’apertura di finestre e l’entrata di aria nuova. Dare un aiuto reddituale a chi non lavora rischia di essere una flebo ricostituente per un malato di cui non si affronta la vera e propria malattia. Si dirà: sempre meglio di niente…Mi sembra un po’ poco per chi si candida a cambiare il sistema. Se si deve viaggiare da Milano a Roma in modo più veloce e sicuro, non basta accelerare per un breve tratto per poi tornare alla bassa velocità: la durata finale non cambierà, anche se all’inizio si poteva sperare.

Qualche breve considerazione di metodo. I componenti del governo, ai quali concedo una notevole capacità comunicativa, sprizzavano ottimismo dai pori della pelle, vendevano troppo bene una merce dubbia, enfatizzavano risultati ancora tutti da verificare sulla carta e da ottenere nella realtà. Non mi sembra giusto gufare a tutti i costi verso un governo che ha l’aria di recitare a soggetto, ma bisogna uscire dalla bolla mediatica per atterrare sulla materia programmatica. I contratti si possono rispettare o si può far finta di rispettarli. Per ora, con tutte le cautele e le comprensioni del caso, mi sembra si stia verificando la seconda ipotesi.