Il fascino indiscreto della “grilletica”

Siamo in mezzo ad una bagarre politica che si tinge di ideologia. Prendiamo le questioni e le scelte che connotano l’azione del governo giallo-verde, ma, all’interno di esse, soprattutto quelle sostenute dai cinque stelle. Ne tento una rapida e sintetica rassegna.

Caldissima e contrastatissima è la “tav”, la controversa linea ferroviaria ad alta velocità, la Torino Lione, in via di realizzazione, ma sottoposta a riesame; abbiamo la “tap”, il gasdotto trans-adriatico; sono rispuntate le trivelle nel mar Ionio per la ricerca del petrolio; tengono sempre banco i forni inceneritori, impianti per lo smaltimento dei rifiuti tramite combustione ad alta temperatura; cambiando completamente campo, ci imbattiamo nella crisi delle banche dovuta a gravi difficoltà finanziarie; nel settore sociale incontriamo in tanto discusso reddito di cittadinanza, un sostegno alle persone in gravi difficoltà per mancanza di lavoro e insufficienza di reddito; potremmo concludere con la lotta alla corruzione, ai privilegi, ai conflitti di interesse.

Sono i temi principali su cui basa il proprio consenso il M5S, facendone oggetto di una vera e propria strategia mediatica, accoppiata ad una demagogica tattica elettoralistica. Non si può affermare che siano questioni risibili o insignificanti. L’aspetto inaccettabile, a volte persino intollerabile, sta nel taglio con cui vengono più cavalcate che affrontate: una logica moralistica, che arriva a prefigurare un vero e proprio stato etico, una strategia anti-sistema, una sorta di anti-politica proposta in chiave populistica, vale a dire mirata a soddisfare epidermicamente le pulsioni protestatarie di base indipendentemente dalla loro effettiva ed organica soluzione.

Singolarmente e sostanzialmente esaminate sono nient’altro che i punti critici ed i nodi del sistema liberal-capitalistico: lo sviluppo economico condizionato dalla difesa dell’ambiente; un reddito di sussistenza garantito a tutti a prescindere dalle leggi del mercato; la finanza piegata agli interessi della collettività; la moralità pubblica difesa col giustizialismo. Esistono due approcci a queste tematiche: un radicale vagheggiamento pseudo-rivoluzionario, che l’esperienza storica ha rimosso dal popolarismo consentendo solo un ripiegamento sul populismo; un riformismo sistemico, che la storia ha rivalutato, ma che la prassi ha squalificato, rendendolo poco credibile e quindi “facilonariamente” rifiutabile.

Il secondo approccio è, o dovrebbe essere, quello della sinistra sempre più incapace di coniugare le idealità con gli interessi generali e questi ultimi con la gradualità della politica. Alle crescenti difficoltà della sinistra si aggiunge la sempre maggiore incapacità della destra liberale e moderata di governare il sistema partendo dalla difesa degli interessi privati e dal mercato in un quadro di compatibilità sociale.

Privati di questi due riferimenti, i cittadini restano in balia mediatica dei grillismi e dei leghismi, vale a dire delle scorciatoie illusionistiche. E allora partono i “no” assoluti alle infrastrutture funzionali al sistema, i “no” ai salvataggi degli istituti di credito visti come la cassa mafiosa di regime, il conflitto di interesse e la corruzione vissuti come la degenerazione progressiva ed inarrestabile delle classi dirigenti, i contentini sociali per recuperare fuori dal sistema i soggetti in bilico. Si rinuncia cioè a fare i conti col sistema per riformarlo e cambiarlo e si ripiega sull’esorcizzarlo e combatterlo alle grida.

Qual è il rischio storico che si ripresenta puntualmente? Il populismo di destra alla fine viene riassorbito e finisce col fare da supporto alla destra di regime, in un miscuglio in cui non si riesce più a capire fin dove arriva la velleitaria voglia di nuovo e la testarda difesa del vecchio. Il populismo di sinistra non si piega alla politica e disperde tutto e tutti in una confusione fine a se stessa, che finisce con l’essere funzionale alla destra. Bisognerebbe rompere al più presto questi schemi, prima che sia troppo tardi, prima che il leghismo diventi l’anticamera di un nuovo fascismo riveduto e camuffato e il grillismo diventi la brutta copia delle tentazioni aventiniane. I tempi per smantellare questi equilibri perniciosi sono misurabili in un ventennio con tanto di guerre mondiali; senza guerre andremo per le lunghe e la maggior parte dei viventi non ne vedrà la fine.