La sviolinata gialla

Il movimento cinque stelle è ormai senza ideologia e senza guida: ha perso il suo “moderno e paradossale Suslov” che si celava dietro le teorie di Casaleggio senior (il figlio non ha la stoffa, la testa e il carisma del padre), ha visto allontanarsi il militante impegno del suo capo-comico Beppe Grillo. È rimasto col vuoto doppiopettismo di Luigi Di Maio in combinato maldisposto col rivoluzionarismo da strapazzo di Alessandro Di Battista. Sono pecore senza pastore, che cercano qua e là un ovile in cui rifugiarsi e difendersi dalle intemperie immanenti. Lo cercano in quel che passa il convento della storia o, meglio, della cronaca dei nostri giorni.

Eccoli a contatto con l’ambientalismo più spinto, quello dei no a Tav, Tap, etc. etc. Ma la necessità di tirare a campare li mette in crisi ed allora bisogna ripiegare sul colpo al cerchio del ribellismo ecologico e alla botte dell’infinita e impossibile analisi dei costi-benefici, delle trivellazioni nel mar Ionio e, alla più brutta, del dare tutte le colpe a chi è venuto prima. Eccoli a cavalcare la dittatura del proletariato in versione “reddito di cittadinanza”, salvo accorgersi che la dittatura dei poveri è franata sotto le macerie di chi aveva in testa qualche idea in più di loro. Eccoli alle prese con i guai delle banche, pronti a sposare la causa dei danneggiati dai terremoti finanziari, costretti ad usare i soldi pubblici per, seppure indirettamente, sostenere l’odiato sistema bancario.

Gli appigli non mancano ma durano lo spazio d’un mattino: l’inganno si scopre e qualcuno comincia a storcere il naso tra gli eletti e gli elettori. E allora quale migliore soluzione dell’affidarsi a quanto avviene fuori dai confini nazionali, nella patria degli odiati e odianti cugini transalpini: i gilet gialli sono una ghiotta occasione da non perdere, hanno il vento protestatario in poppa, sono talmente confusionari da andar bene per tutte le stagioni, interpretano l’antieuropeismo del “si salvi chi può”, picconano l’establishment macroniano in versione “puzza sotto il naso”, hanno un bell’appeal a cui tatticamente legarsi.

“Gilet gialli non mollate”, questo il motto sfornato da un Di Maio con il lanternino in mano alla disperata ricerca del “cambiamento” dell’Europa promesso dai grillini ai propri elettori. In una lettera ai contestatori francesi fa loro una sviolinata ed offre supporto logistico attraverso la piattaforma Rousseau e, soprattutto, un’alleanza alle urne in vista delle prossime lezioni europee. Sembrano più le mosse donchisciottesche di un finto generale con le truppe allo sbando che una seria, seppur disperata, strategia di attacco. Quando si è in difficoltà nel governare all’interno si è soliti spostare l’attenzione con mosse bellicose all’esterno.

Questi escamotage stanno creando attriti con i pentastellati di vertice e di base oltre che con l’alleato leghista che si vede scavalcato e spiazzato. Il governo francese ha invitato Di Maio a fare pulizia a casa propria, vale a dire in Italia. Sinceramente non ho capito la battuta, probabilmente uscita dalla infastidita fretta di reagire polemicamente in qualche modo alle provocazioni grilline. Mi sembra che si possa delineare un movimento internazionale: “Incapaci di fare politica di tutto il mondo unitevi!”. Non so se durerà e quanto durerà la stagione dei gilet gialli. Per i pentastellati mi sembra più un ulteriore e pericoloso legame contro natura, che un interessante aggancio strategico. Quando si è allo sbando tutto può fare comodo, ma per poco tempo. Forse nemmeno fino alle prossime elezioni europee.