Un Paese contrattato alle grida

Umanamente toccante e politicamente importante l’intervento di Emma Bonino nell’aula del Senato durante la striminzita e compressa discussione sulla manovra economica dopo il raggiunto accordo tra Governo italiano e Commissione europea. In tutta questa paradossale vicenda il Parlamento ha svolto un ruolo di mero appoggio al governo e di semplice ratifica delle decisioni adottate a livello governativo. La senatrice ha levato la sua voce in difesa del ruolo del Parlamento e delle Istituzioni, rimproverando la maggioranza di non avere alcun senso delle Istituzioni stesse, terminando il suo intervento, al burocratico invito del presidente di turno (in esso ho intravisto qualcosa di più di un semplice richiamo al regolamento: la voglia di zittire uno scomodo ed autorevole rimprovero), con voce rotta dalla commozione: «Termino il mio intervento, ma non il mio impegno in difesa delle Istituzioni».  Non so se erano peggio le grida di scherno indirizzate anni or sono dal centro-destra verso i senatori a vita, quando osavano esercitare il loro diritto di voto, rispetto alle insulse pantomime in svolgimento di questi tempi nelle aule parlamentari.

I cittadini del nostro Paese, un po’ per ignoranza, un po’ per distrazione, un po’ per superficialità o dabbenaggine, non si accorgono dei continui sfregi portati da una massa di esagitati, che spadroneggiano infantilmente, in nome di un mandato elettorale impropriamente enfatizzato, ed attentano al funzionamento della nostra democrazia: esistono solo Lega e M5S, il loro penoso contratto e il loro ingannevole collegamento, via web, con la (loro) gente. Tutto il resto è fuffa. Nel tradizionale scambio di auguri al Quirinale il capo dello Stato ha, ancora una volta, richiamato al rispetto dei limiti della Costituzione, dell’indipendenza dei poteri e della centralità del Parlamento.

Il nostro sistema democratico, messo nelle mani di questi improvvidi demagoghi da strapazzo, corre non pochi rischi. Non so se basterà il freno a mano costantemente tirato dal presidente della Repubblica. La piazza, sia quella reale sia quella informatica, non basta a garantire il rispetto della democrazia. Nemmeno, a stretto rigore, il ricorso alle urne, figuriamoci il continuo richiamo ad un fantomatico popolo. Le Istituzioni italiane vengono costantemente e bellamente dribblate, quelle europee vengono addirittura insultate e derise. Dopo il raggiungimento dell’accordo economico-finanziario con l’Ue, in risposta alla sacrosanta intenzione della Commissione europea di tenere monitorata la situazione per controllare il rispetto degli impegni presi, il ministro Matteo Salvini ha risposto con la sua solita arroganza che il governo italiano farà altrettanto riguardo al bilancio europeo, lasciando intendere una sfida continua al posto di dialogo e collaborazione. Siamo nelle mani di personaggi di questo calibro. Per non parlare dei cinquestelle, forse ancor più pericolosi nella loro ignoranza coperta da sfrontatezza.

È molto più importante e delicata questa partita rispetto ai contenuti della manovra, peraltro assai discutibili e contraddittori. Le manovre infatti si possono anche correggere, cambiare, invertire: anche se con danni incalcolabili, sono ribaltabili e capovolgibili. Le regole democratiche invece devono essere mantenute ferme in tutta la loro portata. A parti invertite i legastellati chissà cosa farebbero per protestare: in passato lo hanno fatto per molto meno. Ora tocca a loro e si stanno comportando molto peggio dei loro predecessori. Dove sono finite le tanto loquaci vestali della Costituzione?