Il Pil? O famo strano!

“Si ferma la crescita, nel terzo trimestre il Pil scende dello 0,1%. È il primo dato negativo dopo 14 trimestri di crescita. Tutti i principali aggregati della domanda interna registrano diminuzioni con un calo dello 0,1% dei consumi finali nazionali e dell’1,1% per gli investimenti fissi lordi”. Parole prese da titolo e sommario di un articolo della redazione economica del Corriere della sera. “Pil e disoccupazione: ogni giorno si perdono 627 posti di lavoro”. È sempre quel che si legge sul sito del Corriere a commento dei dati Istat sputati in faccia al Paese Italia. I dati statistici vanno sempre presi con le molle, non hanno valore assoluto, ma segnano tendenze ed andamenti, soprattutto se vengono raffrontati omogeneamente nel tempo. In parole povere, le cose nell’economia italiana non stanno andando bene.

Lasciamo perdere la notizia riguardante le spese per il Natale 2018, che, secondo quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Deloitte, salirebbero complessivamente a 541 euro a famiglia, il 3% in più dello scorso anno, con il nostro Paese che si classifica al quarto posto fra i Paesi europei dove si spende di più per il Natale, preceduto da Gran Bretagna, Spagna e Austria.  Non so come combinare questi dati con quelli dell’Istat: mi limito a considerarli “misteri dell’economia”. Lungi da me comunque ironizzare o sottovalutare le difficoltà economiche dell’economia italiana.

Di fronte a questi dati, oggettivamente preoccupanti, si è scatenato il solito giochetto allo scaricabarile. Da una parte non solo i politici, ma anche gli analisti, dicono e/o scrivono: questi mesi dimostrano che non può esserci crescita se il governo non garantisce in primo luogo la stabilità finanziaria. Se non lo fa, le aziende non investono e le banche, cariche di debito pubblico, tagliano le linee di credito e generano così fallimenti e disoccupazione.

Dall’altra parte, quella dell’attuale governo, si tende a far risalire la responsabilità di questi andamenti negativi ai precedenti governi, in particolare il governo Monti, quelli presieduti successivamente da Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, tutti governi che avevano all’opposizione gli attuali partiti di maggioranza (Lega e M5S). Quei governi avrebbero solo stressato gli italiani per far quadrare i conti pubblici, creato enormi disparità sociali, gonfiato l’occupazione con interventi penalizzanti per i lavoratori, distribuito mance rivelatesi ininfluenti o addirittura controproducenti per i consumi. A chi gli chiedeva un commento sulla revisione al ribasso del Pil da parte dell’Istat, primo calo congiunturale dal 2014, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a Buenos Aires per il G20, si è limitato a rispondere: «Lo faremo crescere». Forse avrebbe potuto e dovuto parafrasare la storica battuta del film di Carlo Verdone “Viaggi di nozze”: «E come o famo il Pil? O famo strano».

Non annetto un potere miracolistico ai governi ed alle loro tattiche: l’economia spesso e volentieri si muove su sentieri diversi, in un ambito quasi estraneo rispetto agli equilibri politici. Gli stessi italiani, che in maggioranza apprezzano il governo, sembrerebbero non credere alle prospettive del Paese: gli acquisti di beni durevoli delle famiglie sono calati, la spesa per impianti e macchinari è crollata. Viene spontaneo chiedersi: e allora chi ha votato per i partiti che esprimono e sostengono l’attuale governo, che solleva tante perplessità e scoraggia famiglie ed imprese. Forse solo i disoccupati ingolositi dal reddito di cittadinanza, i pensionandi stuzzicati dalla revisione della legge Fornero, gli spaventati rassicurati dal blocco degli immigrati?

Non mi sento di addossare tutte le colpe di questa preannunciata quasi recessione alle goliardate anti-europee ed alle stiracchiate e contraddittorie linee economiche di un governo, concepito nel “peccato” delle urne, nato col forcipe contrattuale di Salvini e Di Maio, allattato al seno della demagogia e dell’illusionismo, svezzato nei continui contrasti fra partiti e ministri, rimbrottato continuamente dal presidente della Repubblica, compatito dai cosiddetti poteri forti. Ammettiamo pure che l’economia italiana fosse già comunque in qualche difficoltà, che mostrasse sintomi piuttosto equivoci, che avesse in sé latente il virus della decrescita, che fosse già, insomma, malata.  Ebbene, non ha certamente preso un brodo rigenerante e ricostituente pentaleghista o legastellato: semmai è stata messa in isolamento, in quarantena, a letto, in cure palliative, in suicidio assistito. Un mio caro e simpatico amico sosteneva che, quando non si hanno soldi, non resta altro da fare che andare, soli e soletti, a letto presto e spegnere la luce. Così stanno facendo gli innovatori del piffero. Personalmente aggiungo una nota masochistica: se sono tormentato da disturbi fisici di varia natura, a chi mi consiglia accertamenti e terapie varie, rispondo grottescamente: so io quel che devo fare, mi vado a sedere davanti al cimitero e aspetto con pazienza che arrivi il momento…in compagnia del governo Conte…