Il barometro grillino in mano alle sindache

Mentre in molti si esercitano penosamente nella previsione sull’evoluzione della leadership nazionale pentastellata, mettendo in contrapposizione la realtà “dimaiana” con il sogno “dibattistano”, la vita grillina sembra attaccata alle sorti dei sindaci, in questo momento delle sindache. Non era infatti partito a Parma con Federico Pizzarotti il cursus honorum del M5S e non si è incrinata proprio lì la prima significativa esperienza gestionale di un movimento che prometteva la luna? E qual è stata la questione dirimente e deprimente per la sindacatura di Pizzarotti, al di là delle incomprensioni ben presto sorte con la dirigenza allora molto concentrata e centralizzata in Beppe Grillo? Il termovalorizzatore che non si doveva fare, ma che era già fatto.

Per Chiara Appendino, sindaca di Torino esiste invece la grana Tav: anche questa opera infrastrutturale si dovrebbe interrompere previa velleitaria analisi dei costi-benefici. Altra battaglia impossibile, sconfessata persino dagli alleati nel governo centrale, quella Lega, che si sta smarcando in periferia per fare il proprio gioco. Anche la piazza, che sembrava monopolio grillino, si è rivoltata contro la Appendino, ribadendo a gran voce che la Tav va proseguita e completata quale opera di fondamentale importanza. Tanto per non sbagliare i 30 mila manifestanti di piazza Castello hanno detto “Sì, Torino va avanti”, nuova lettura per l’acronimo Tav.  Sì inoltre alle olimpiadi invernali, per le quali Torino ha balbettato un inspiegabile e retrogrado no. Sembrava che la Appendino avesse innescato una sindacatura all’insegna del pragmatismo grillino nuovo di zecca e si ritrova catapultata in una vecchia deriva referendaria fine a se stessa.

Per Virginia Raggi, la improvvisa e malcapitata sindaca di Roma, il cammino è sempre stato in salita: enormi difficoltà e contraddizioni nella formazione della squadra; un no frettoloso alle olimpiadi appena attutito dal sì al nuovo stadio di calcio; complicazioni giudiziarie a dir poco imbarazzanti e frenanti; una irreversibile mala-amministrazione che è rimasta appiccicata alla nuova giunta grillina, rivelatasi inconcludente ed inadeguata. La Raggi sembra appena tollerata dal movimento e non sconfessata, al fine di evitare una clamorosa debacle del nuovismo alle prese con la dura prova della gestione della capitale. È arrivata l’assoluzione in tribunale dall’accusa di falso, perché il fatto non costituisce reato con legittima soddisfazione dell’interessata e inopportune e contraddittorie accuse di sciacallaggio indirizzate da Di Maio ai giornalisti. Quanto sciacallaggio ha mai fatto il M5S contro tutti i potenziali avversari in odore di reato!

Il barometro grillino oscilla quindi: bassa pressione per Appendino e alta pressione per Raggi. I due simboli piuttosto deboli, che cadono, con una certa facilità, dagli altari alla polvere.  La prova finestra dimostra che il bianco grillino non è smagliante. Tuttavia, se devo essere sincero e volendo restare fedele al mio inguaribile vezzo di andare controcorrente, sono portato a giudicare, nella complessiva azione politica grillina, molto più bonariamente queste due signore intente a smanacciare la realtà rispetto agli assurdi e chimerici padreterni governativi alla disperata ricerca di verginità. Per Virginia Raggi mi aspettavo l’assoluzione, considerata l’inconsistenza penale dei rilievi a lei mossi; da Chiara Appendino mi aspettavo più carattere ed una più spiccata capacità politica. Con le donne sono sempre pronto ad essere comprensivo, anche a costo di alleggerire il giudizio estremamente negativo sul movimento politico che le esprime. Resta il fatto tuttavia che a loro confronto il parmense sindaco Federico Pizzarotti appare come un gigante: ha avuto infatti il demerito di costituire “al primm cavagn c’al vôl bruzè”. Dopo di lui si sono viste ceste ben peggiori, piene di niente: provate, per credere, a passare in rassegna i ministri grillini del governo Conte. Tutto sommato molto meglio le Raggi e le Appendino…ed è tutto dire.