Il paradigmatico neofascismo di Bolsonaro

Ho letto su Adnkronos un “agghiacciante” profilo politico del neo-presidente brasiliano Jair Bolsonaro: “populista di estrema destra, vincitore delle elezioni presidenziali con il 55,2% dei voti, su Fernand Haddad del partito dei lavoratori, grazie ad una retorica nazionalista, provocatoria, violenta e incendiaria con la quale ha promesso di fare piazza pulita di delinquenti e corrotti. Una retorica che si ispira al presidente americano Donald Trump, ma anche e quello filippino Rodrigo Duterte. La sua fama è legata soprattutto alla retorica aggressiva di estrema destra, con dichiarazioni choc di stampo omofobo, razzista e misogino. Nel 2008 non ha esitato a dire che l’errore della dittatura militare è stato quello di torturare e non uccidere gli oppositori, mentre un’altra volta ha liquidato una deputata di sinistra dicendo che era così brutta da non meritare di essere violentata. Quando ha approvato la destituzione della Presidente Dilma Rousseff, ha dichiarato in aula di dedicare il suo voto al soldato che la torturò quando era una giovane guerrigliera. Nell’aprile 2017 ha detto che gli afro-brasiliani non servono neanche a procreare. Sostenitore del libero mercato, presenta come sua principale proposta la liberalizzazione del possesso di armi per permettere ai cittadini di difendersi dalla criminalità. Bolsonaro ha il sostegno degli imprenditori e dei latifondisti, che apprezzano il suo orientamento liberista e la promessa di abolire il ministero dell’Ambiente, uscire dagli accordi sul clima di Parigi e lasciar mano libera allo sfruttamento economico delle zone protette dell’Amazzonia. Ma il candidato populista piace anche al ceto medio-basso impoverito dalla crisi economica e preoccupato degli alti tassi di criminalità, ad un elettorato religioso e conservatore che rifiuta il matrimonio omosessuale e l’aborto, anche sull’onda della crescente influenza delle chiese evangeliche. Hanno giocato a suo favore poi le paure del comunismo di fronte al disastro della crisi venezuelana. Bolsonaro è riuscito a conquistare anche gran parte dell’elettorato conservatore moderato che guardava alla destra nazionale, screditata dalle inchieste di corruzione che hanno colpito i principali partiti”.

Rimango quasi senza parole di fronte a questa deriva planetaria di stampo chiaramente fascista. Il fascismo infatti, checché ne dica il pur bravissimo giornalista Corrado Augias, non è un regime relegabile e confinabile nello storico ventennio, ma un modo di pensare la società e di impostare la politica. Me lo ha insegnato mio padre, il quale, prima e più che in senso politico, era un antifascista in senso culturale ed etico: non accettava imposizioni, non sopportava il sopruso, non vendeva il cervello all’ammasso, ragionava con la sua testa, era uno scettico di natura, aveva forse inconsapevolmente qualche pulsione anarchica, detestava la violenza. Ce n’è abbastanza?

Posso aggiungere solo due telegrafiche riflessioni. Il pericolo fascista è sempre in agguato: sfrutta il malessere socio-economico e le varie paure, cavalca la sfiducia e il qualunquismo, illude la gente con promesse irrealizzabili e contrarie ai principi umani e democratici. Che a livello mondiale esista un forte ripresa di queste pulsioni anti-democratiche deve preoccupare molto seriamente. C’è un filo nero, che lega certi processi in atto e sta tessendo una ragnatela in cui rischiano di cadere intere popolazioni. Nei vari Stati le svolte autoritarie assumono connotati diversi, ma sono comunque riconducibili ad un unico e globale disegno di stampo populista di estrema destra (se vogliamo proprio usare un eufemismo per evitare di evocare il fascismo).

E in Italia? Già l’esperienza berlusconiana aveva ripreso non pochi contenuti di stampo fascista: dal culto della personalità, all’anticomunismo viscerale, alla falcidie delle forze intermedie, alla difesa di mera facciata dei principi legati alla famiglia con tanto di lasciapassare delle gerarchie cattoliche, ad una certa misoginia strisciante, alla sbruffonaggine italianista. Persino certi episodi di stampo berlusconiano vengono riportati alla memoria dall’incipit di Jair Bolsonaro.

Attualmente, sulle ali della paura della criminalità e della criminalizzazione degli immigrati, sulla base della sfiducia nella politica tradizionale sporcata da inconcludenza e corruzione, stanno venendo avanti esperienze assai vicine alla deriva di cui sopra: la demagogica arroganza leghista e  la strumentale  illusorietà del nuovismo grillino, tenute insieme dal collante sovranista e populista e combinate nello sfruttamento elettoralistico del disorientamento della gente, ci stanno trasformando in volubili farfalle che scherzano col fuoco. Sull’antifascismo, proveniente dalla nostra democrazia così come impostata dalla Costituzione repubblicana, non si può sorvolare tra revisionismo, autocritiche, pacificazione, colpi di spugna, finendo col promuovere il discorso di chi vuole voltare pagina: coi vuoti di memoria occorre stare molto e poi molto attenti perché (come direbbe mio padre) “in do s’ ghé ste a s’ ghe pól tornär“.